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La domenica è il giorno del riposo dopo le fatiche della settimana. A me piace prendermi un momento per meditare su quanto ho vissuto, anche voi dedicate del tempo alla riflessione personale? Ecco un pensiero sul Vangelo di oggi, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate:
"Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino"
Lc 4,21-30
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L’entusiasmo passa in fretta, i compaesani hanno già bollato Gesù: non è costui il figlio di Giuseppe? L’hanno chiuso nelle loro categorie, non si aprono alla sorpresa. Non è facile accettare che dalla bocca di un falegname qualunque, un operaio di fabbrica, una mamma di famiglia, un artigiano, escano parole di grazia; entrare nella logica di una profezia laica, quotidiana, che si muove tra vanghe, pentole di casa e arnesi da bottega. Dio abita proprio lì; ma non ci credono: e il non credere produce morte, sempre. Vogliono uccidere Gesù: ma lui passa in mezzo a loro e si mette in cammino. Non fugge, non si nasconde, non si arrende, passa in mezzo, attraversa la violenza e si rimette in cammino dietro al suo sogno. Perché si può ostacolare la profezia, ma non ucciderla. E voi vi siete messi in cammino?
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di Giulio Iudicissa
Ogni volta che a lei io penso, un ricordo recupero e questo è sempre bello, perché mi scalda e mi riconcilia alla vita. Mia madre di virtù ne aveva tante. Non le dichiarava. Le viveva con una semplicità, dono di natura e che tutti le riconoscevano. In un contesto in cui un profluvio di parole già si innalzava, ormai per moda, da cento pedane, luoghi laici o sacri, lei seguiva il suo stile. Sì, perché, pur ricordando, novantenne, i classici della letteratura e i principi delle scienze, lei praticava il silenzio. Parlava poco e il tutto esauriva in poche parole … E parenti ed amici ricorrevano al suo consiglio.
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Spero abbiate passato una buona settimana, vi invio con piacere un pensiero sul Vangelo di oggi, spero possa esservi di conforto e di sostegno nella preghiera:
"Riavvolse il rotolo, lo consegnò all’inserviente e sedette"
Lc 1,1-4; 4,14-21
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Si chiudono i libri e si apre la vita. Oggi la profezia di Isaia diventa carne: dall’antico profeta a un rabbi che non impone pesi, li toglie; non porta precetti, porta libertà. Sono quattro nomi dell’uomo: povero, prigioniero, cieco, oppresso. E quattro i doni che Gesù offre: gioia, libertà, occhi nuovi, liberazione. Con un quinto che spalanca il cielo, raccontando uno dei tratti più belli del volto di Dio: «proclamare l’anno di grazia del Signore». Un anno, un secolo, mille anni, una storia intera fatta solo di grazia, benevolenza, infinita misericordia. I primi destinatari sono i poveri. La buona notizia è Dio che dimentica sé stesso e si china come madre sul figlio che soffre, ricchezza per il povero, occhi per il cieco, libertà da tutte le prigioni. Fioritura dell’umano.
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dii Giulio Iudicissa
Ne ho conoscenza dai manuali di storia e qualcuno ebbi modo di vederlo nella piana della terra in cui vivo. Il granaio: un edificio di grande dimensione, adibito alla raccolta e alla conservazione del grano. Ad esso si attingeva al bisogno, per sostentarsi, per vivere, per non morire. Io ho il mio. Non contiene grano, ma immagini, colori, suoni, voci. È il granaio del mio cuore. Dire quante volte lo visito, non so. Credo spesso, forse, tutti i giorni, soprattutto, di notte. Vi è tutto nel mio granaio: infanzia e fanciullezza, adolescenza e giovinezza, con tutte le anime belle, che con me vissero in rapporto di caldissimo amore. E non si svuota. Più vi attingo, più si riempie di tratti leggiadri.
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Il Vangelo di oggi: Lc 1,1-4; 4,14-21: Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza,
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Auguro a tutti voi una felice domenica. Il brano del Vangelo di oggi è forse uno dei più famosi che racconta il primo miracolo compiuto da Gesù Cristo. Ma conoscete il vero messaggio che ci vuole trasmettere? Per aiutarti a comprendere ho scritto alcune parole per te:
"Riempite d’acqua le anfore"
Gv 2,1-11_______________________________
Sì, tutto qui. Ma è quanto basta per il compiersi del miracolo. Perché l’amore possa tornare a scorrere nelle mie vene e fare della vita una festa, Dio mi chiede semplicemente di riempire la mia anfora. Vivere in pienezza; riempire di vita la mia esistenza attuale (per quanto fragile, fredda, vuota, sbagliata…) della cosa più semplice: acqua. Di quotidiana normalità. E di presentarla a lui, perché la possa trasformare in meraviglia. A Cana si celebra l’unione tra la mia povertà e la sua ricchezza. Il vino che dà gioia scaturisce da questo incontro; Dio non ricrea dal nulla la mia vita: la trasforma. È l’acqua ad essere trasformata in vino. Dio ha bisogno qualcosa di già dato per poter compiere la sua opera. Ha bisogno della mia umanità, per me un nulla, per lui preziosissima. Cari amici, riempite di acqua le anfore!
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di Giulio Iudicissa
La radio si accendeva, di solito, la mattina, durante il disbrigo delle faccende domestiche. Chi possedeva un grammofono, lo usava nelle feste comandate. La tivù, dove c'era, la si guardava dopo cena, per un’oretta. Il telefono, ancora raro, era destinato a brevi comunicazioni. Tutto qui. Eppure, in casa si stava bene e non c'era tempo di annoiarsi. Oggi, la fa da padrone il rumore, che frastorna e stordisce. Radio, lettore, tivù, telefono, tutti e sempre accesi, ma in casa si sta male e di tempo per annoiarsi ce n’è tanto.
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Il Vangelo di oggi: Gv 2,1-11: In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
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Sono diffusissime, in Grecia, le trattorie che, d’estate, dispongono i tavoli all’aperto, spesso sotto un rigoglioso pergolato.
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di Giulio Iudicissa
Qualcosa l'avevo appresa a scuola, vicende familiari me ne riproposero la sostanza, l'esperienza personale, infine, mi convinse senza appello. Quell’antico malvezzo della politica, purtroppo, viene da lontano, non muore, resiste. Quale sia è presto a dirsi: chi governa non si applica anima e corpo alla carica, ma pensa all'altra, più grande e più alta, che gli piacerebbe avere domani. Dunque, si preoccupa di non scontentare gli alleati e di guadagnarne altri e poco importa, se il palazzo diventi mercato. Per un bel tratto sembra che il gioco riesca, ma, all’improvviso, gli accadrà la sorte dei suoi predecessori: si spegnerà come candela.
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di Giulio Iudicissa
Ne parlo con tranquillità, perché di tal peccato può darsi che mi sia macchiato anche io. Se è accaduto, comunque in un tempo ormai lontano, ne faccio ammenda, assicurando di non subirne più la tentazione. Parlo della ‘presunzione’, un peccato, che, poi, si accompagna a superbia e tracotanza. Chi lo commette e non se ne libera presto, lo porterà con sé forse sempre, quasi come seconda pelle e neanche si accorgerà di diventare, pian piano, persona fastidiosa e sgradevole.
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