Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,1-13: In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo.

Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l’uomo"». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano"; e anche: "Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Commento al Vangelo

L’evangelista Luca pone l’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto immediatamente dopo il brano della genealogia (Lc 3,23-38). E, a differenza di Matteo, nel racconto delle generazioni che hanno preceduto la nascita di Gesù, risale non solo fino ad Abramo, ma fino addirittura al primo uomo, Adamo. Il capitolo 3, dunque, finisce così: “…figlio di Adamo, figlio di Dio” (Lc 3,38). Subito dopo inizia il racconto delle tentazioni (Lc 4,1-13), e per il lettore del Vangelo il collegamento è chiaro ed immediato: Adamo, figlio di Dio, non è soltanto il primo uomo, ma anche il primo uomo ad essere tentato. Il serpente gli suggerisce una parola diversa da quella che il Creatore gli aveva rivolto, e Adamo, insieme a sua moglie Eva, lo ascolta. La condizione umana, da subito, è chiamata a confrontarsi con la tentazione e il peccato, con la libertà di scegliere o meno il bene e la vita. La tentazione, dunque, è la possibilità concreta di vivere la propria umanità non secondo il progetto originario di Dio, ma secondo una volontà propria, percorrendo una strada altra rispetto a quella indicata dal Creatore e inscritta dentro il cuore stesso dell’uomo. È Dio stesso che lascia all’uomo questa libertà: non lo costringe ad obbedire, ma gli pone sempre davanti due strade, perché l’uomo scelga con consapevolezza di amare il Signore. Il racconto di Genesi 3 ci dice che questa strada alternativa non porta alla vita, ma alla morte, e mette così in guardia l’uomo di ogni tempo, perché verifichi se sta percorrendo o meno una via di vita. Gesù non si sottrae a questo dramma che accomuna tutti gli uomini di tutti i tempi: anche Lui subisce la suggestione che gli suggerisce altre vie, alternative a quelle di Dio Padre. “Guidato dallo Spirito nel deserto” (Lc 4,1), sperimenta il proprio limite e il proprio bisogno, ed è lì che la tentazione si fa avanti (“per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame” - Lc 4,2). In che modo? Cosa si interpone tra l’uomo e la possibilità di realizzare in pienezza la propria umanità? Non ci soffermiamo tanto sulle tentazioni, quanto sulle risposte di Gesù a satana, perché Gesù non fa altro che ricollocare l’uomo al proprio posto dentro il progetto originario di Dio, correggendo l’immagine falsata che il diavolo prova ad insinuare. In primo luogo, l’uomo è colui che ascolta la Parola di Dio e che vive di essa (“Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo»” - Lc 4,4). L’evidenza dice che per vivere l’uomo ha bisogno di nutrimento, di pane. Ma questo bisogno non basta a dire chi è l’uomo, che è abitato da una fame più profonda. E la fame di pane è proprio segno e rimando a questa fame più profonda: se ci fermiamo alla prima, la nostra vita non matura fino alla sua pienezza. La tentazione suggerisce che questi due bisogni sono antagonisti tra di loro, e che il Padre non darà pane a sufficienza: bisognerà procurarselo da soli. Gesù, al contrario, si fida e accetta di lasciarsi nutrire da Colui che ha a cuore la nostra vita. In secondo luogo, l’uomo diviene re e signore della propria vita solo nel momento in cui non si prostra dinanzi a nessuno se non al Dio che lo ha creato. Se pensa di ottenere gloria e onore prostrandosi dinanzi al potere di turno, in realtà ne diventa schiavo e perde sé stesso (“«se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto»” - Lc 4,7-8). La tentazione suggerisce che il potere è più importante della libertà. Gesù, al contrario, non baratta con nessuno la gloria di Dio, che è l’uomo libero e vivente. Infine, l’uomo non diventa sé stesso se si comporta da Dio, se sfida il limite, se va oltre le proprie possibilità. Non diventa migliore se fa cose eccezionali, e non va da nessuna parte se cerca lo sguardo, l’ammirazione e il consenso degli altri. Non troverà Dio in questo modo, ma piuttosto nell’umile e quotidiana obbedienza ad una legge che protegge l’uomo da se stesso, che lo rende capace di relazioni vere, di stare al suo posto nel mondo. La tentazione suggerisce che se Dio è buono, proteggerà l’uomo a qualsiasi costo (“«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui»… Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo»” (Lc 4,9-12). Gesù, al contrario, protegge Dio da qualsiasi falsa immagine che l’uomo può farsene; e poiché ama il Padre, si fida di Lui senza chiedergli prove della sua bontà; e lo lascia libero di amare come Dio sa amare, perché è questo amore, e nient’altro, che rende grande l’uomo.

S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca Di Gerusalemme Dei Latini

Crediti