di Giacinto De Pasquale

Il caro amico Giovanni Scorzafave ancora una volta ci ha emozionati. Emozionati perché abbiamo avuto modo, grazie alla sua gentilezza e generosità, di leggere, tutto d’un fiato, il suo dodicesimo omaggio alla sua e nostra città di Corigliano Calabro.

Una città che qualcuno inopinatamente ha voluto cancellare dalla geografia italiana, ma che per gente come Scorzafave è ancora viva e pulsa di ricordi bellissimi, unici ed indelebili. Ancora una volta l’autore con il volume “Il 1956 nella “mia” città – il sindaco Giuseppe Caracciolo” (Libreria Il Fondaco editrice) ci regala ricordi struggenti di personaggi, accadimenti, affetti e vita quotidiana che contribuiscono ad alimentare la storia di una città che ancora oggi si nutre di questi ricordi e personaggi che ne hanno contributo in maniera significativa al suo sviluppo sociale, economico, politico e culturale. La forza della penna di Scorzafave è quella di lanciare dei messaggi forti, inequivocabili e ricchi di riflessione. L’autore anche in questo dodicesimo “affresco” di vita coriglianese, ci racconta, da cronista fedele, la Corigliano del 1956.

Giovanni lo fa in maniera puntuale, ma non maniera fredda e distaccata, ma con la consueta enfasi emotiva di un uomo che ha vissuto sulla propria pelle quelle emozioni, dolori, felicità e delusioni. Ecco perché quanto l’autore parla della signora Annetta, all’anagrafe Anna Serafina Carmela Fasanella Masci (moglie del sindaco Caracciolo) lo fa in maniera entusiastica non tralasciando l’emozione di quei momenti vissuti quasi sessant’anni fa. È l’autore lo fa con garbo perché fondamentalmente ha avuto rispetto di quei Signori che hanno segnato in maniera indelebile la sua gioventù. La sincerità del “cronista” la ritroviamo in queste parole che l’autore ha inserito nella prefazione al volume “Erano gli anni della speranza, del riscatto e delle difficili scelte, dove i nostri sentimenti, come rondine a primavera, alimentati da una grave crisi economica generale si lasciavano cullare dalla leggera brezza del vento dell’innocenza in un cielo quasi sempre limpido e sincero”. Sui due personaggi principali del libro: la signora Annetta e il sindaco Caracciolo, l’autore non ha dubbi nel definirli esempio di vita per tutti. Così descrive la signora Annetta: “Era una donna piccola nel fisico e dal volto angelico. Di origini nobiliari era dotata di una grande generosità e di un’altrettanta saggezza ma soprattutto di una rara e profonda umanità interiore”. Il sindaco Giuseppe Caracciolo: “Don Peppino, dal carattere austero e riservato, nonostante avesse ricoperto per circa due lustri cariche importanti durante il “ventennio”, ha rappresentato un vanto ed un orgoglio per tutto il mio caro vicinato”.

Ancora una volta grazie Giovanni per questo importante e prezioso contributo che tu dai alla storia di Corigliano, che altrimenti sarebbe caduta nel dimenticatoio. Come dicevo, il tuo lavoro fornisce all’attento lettore delle riflessioni, per esempio sulla Corigliano che non c’è più, ma soprattutto sull’importanza della famiglia. Offro a te e ai cari lettori del blog questa mia riflessione. Ogni mattina, mentre percorro le vie della mia città, una nostalgia dolce e amara mi prende per mano. Non posso fare a meno di alzare lo sguardo verso le finestre di quelle case. Sono passati anni, eppure l'istinto di cercare quei visi familiari affacciati alla finestra non si è mai spento. Ogni angolo di quelle vie racconta una storia, ogni passo è un'eco di un passato che non vuole essere dimenticato. Rivedo i momenti di gioia semplice. Anche se quei momenti non torneranno più, continuano a vivere in me. Ogni dettaglio è inciso nella mia memoria con una precisione che quasi fa male.

Ma è un dolore dolce, un promemoria costante di un amore che non mi ha mai abbandonato, nemmeno quando la vita mi ha portato altrove. In quei momenti, mi rendo conto che non importa quanto lontano andrò, porterò sempre con me quei ricordi. Sono il mio tesoro, la mia ancora. Mentre alzo lo sguardo verso quelle finestre, sperando in un segno, il vento si alza improvvisamente, portando con sé una piuma bianca. La vedo danzare nell'aria, leggera come un soffio, fino a che non si posa delicatamente sul mio viso. La prendo con cura, come se fosse un fragile messaggio dall'aldilà. La stringo in mano questa piuma bianca e delicata, sentendo una connessione profonda con il passato. La famiglia è tutto, specialmente per chi è rimasto solo. È una rete invisibile che ci sostiene, anche quando pensiamo di essere abbandonati. La vera famiglia è quella che ci insegna l'amore, il rispetto, la forza di affrontare il mondo con coraggio e gentilezza. Continuo il mio cammino, con la piuma ancora tra le dita, e all'improvviso sento delle grida. Giro l'angolo e vedo un giovane che sta urlando contro sua madre, le lacrime sul viso di lei mi fanno stringere il cuore. Ogni passo che faccio mi riporta a casa, ai miei cari, ai valori che mi hanno insegnato. La famiglia, per chi l'ha vissuta davvero, è un faro nella tempesta, una luce che non si spegne mai. E mentre cammino, con la piuma ancora in mano, sento che l'amore della famiglia è eterno e che, anche nei momenti più bui, possiamo trovare la forza di andare avanti. I giovani di oggi sembrano pensare che tutto sia loro dovuto, sia dai genitori che dalla vita stessa. Viziati e spesso irrispettosi, sembrano incapaci di apprezzare i sacrifici che vengono fatti per loro. Crescono con l'idea che il mondo debba sempre girare attorno a loro, senza comprendere il vero significato di famiglia. La famiglia non è solo un luogo di affetto incondizionato, ma anche una scuola di vita. È dove impariamo il rispetto, la gratitudine, e l'importanza del sacrificio reciproco. Ma questo sembra perdersi nelle nuove generazioni, dove l'egoismo e l'individualismo prevalgono. Ripenso ai miei genitori, a tutto ciò che hanno fatto per me. Il loro amore era un faro, una guida costante che mi ha insegnato a navigare le tempeste della vita. E mentre mi allontano, con il cuore colmo di quell'amore che mi accompagnerà per sempre, e parlerà sino all'ultimo dei miei giorni con voi cari genitori, mi prometto di continuare a ricordare e onorare quegli insegnamenti, nella speranza che un giorno anche altri possano fare lo stesso.

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