Francesco Grillo
Col papà contadino e con la madre saltuaria filatrice, visse a Corigliano, ov’era nato il 19 novembre del 1898, in una modesta abitazione, sita in via Aquilino. Con lui due fratelli ed una sorella. La famiglia possedeva anche una piccola vigna nella zona collinare del paese e, qua, si trasferiva d’estate, non tanto per villeggiare, quanto a motivo dei lavori stagionali. Francesco Grillo divenne presto uomo e all’improvviso.
Aveva nove anni e frequentava la terza elementare, quando fu ritirato dalla scuola e destinato al lavoro. Il papà, sin troppo rigoroso, un po’ anche nello stile del tempo, volle così punirlo, a seguito di una multa, inflitta al ragazzo dal custode della villa comunale: Francesco aveva rubato dei fiori. Lui, al rubare non aveva proprio pensato; quei fiori di maggio li aveva semplicemente raccolti, per farne dono alla dolce sua mamma. Al severo genitore non portò mai rancore per quel triste episodio; alla buona madre si mostrò sempre devoto; ognora affettuoso si mantenne all’indirizzo dei fratelli.
Da allora, fu costretto a lavori pesanti: fece il contadino e l’assistente muratore, ma con poco profitto, giacché il fisico e l’età per nulla si conciliavano alla dura fatica. Fu per questo che, nel 1914, ad appena sedici anni, se ne andò in Argentina. In famiglia, d’altra parte, si viveva ormai nelle ristrettezze, al punto che papà Tommaso aveva anche venduto, per debiti, la vecchia casa. Più tardi, i Grillo, uno alla volta, emigrarono tutti. Francesco ritornò in Italia dal ’17 al ’21, in occasione della grande guerra, poi, ripartì, per sistemarsi definitivamente a New York, ove morì, nel luglio del 1985, alla rispettabile età di 87 anni. Il mensile locale Cor Bonum, nel ricordane la vita e le opere, scrisse che, da emigrato, qualunque cosa Francesco Grillo fece, “fece un inno a Corigliano”. È l’epitaffio più vero e più bello che gli si potesse dedicare. Nelle Americhe visse come tutti gli emigrati d’allora. Fece il ragazzo di bottega, l’impiegato, lo scrivano e quant’altro gli capitò. Studiò anche e tanto: lo spagnolo per necessità ed il latino per suo diletto. Infine, si tuffò nella ricerca ed indagò sugli illustri coriglianesi, nonché su Pitagora, Dante, San Francesco di Paola e sulle antichità storiche e monumentali della città natale. Nello stesso tempo, scrisse su giornali americani, calabresi e coriglianesi e pubblicò volumi di pregio, ancora largamente consultati dagli studiosi locali. Da lontano il Grillo pensò sempre con dolcezza al vecchio paese e, nelle notti insonni, ne ripercorse le viuzze e ne accarezzò i volti. La nuova patria, quella di adozione, la rispettò sinceramente; lì, infatti, conobbe l’agio e la notorietà e lì visse nell’affetto della moglie e dei due figli. Come tanti emigrati, partiti con una valigia di cartone, servì l’America ed illustrò Corigliano. Oggi, chiunque si cimenti nello studio della storia patria, s’imbatte nelle sue opere, sempre ricche di riferimenti e di dati. In alcune lettere dirette ai concittadini, che a lui si rivolgevano per notizie storiche, si rinviene il tratto dell’uomo disponibile e garbato. La città riconoscente gli ha intitolato una strada.