Fonte: Il Quotidiano del Sud

Condannata a due anni di reclusione per falso ideologico e materiale, ma anche per l’ipotesi di cui alla truffa, una disoccupata del luogo di trentadue anni, E. P., assunta nella scuola, nell’ambito di una selezione di personale Ata, falsificando le carte.

La condanna è definitiva. Il giudice evidenzia, tra l’altro, che “l'imputata aveva sottoscritto il contratto di lavoro a tempo determinato, risultante dall'inserimento della stessa nella graduatoria provinciale del personale Ata della scuola (che era stato determinato proprio dalla presentazione dell'autocertificazione dei titoli, risultata poi ideologicamente falsa), così determinando - sul piano anche procedimentale - l'appropriazione soggettiva degli effetti favorevoli discendenti dalla presentazione della detta autocertificazione sostitutiva e dunque anche la riferibilità soggettiva della documentazione da ultimo menzionata alla persona della ricorrente”. La difesa della imputata, rispetto alle accuse della Procura, ha evidenziato, tra l’altro, “...che dalla istruttoria giudiziale espletata tramite le acquisizioni documentali del Pm” e la escussione di un testimone “non era emersa in alcun modo che la imputata avesse allegato o presentato certificazioni false a firma” di altra persona “e che risultava inverosimile la circostanza secondo cui la ricorrente, una disoccupata, avesse potuto utilizzare un fax della Provincia di Cosenza per spedire la detta documentazione”. Ma per i giudici tale osservazione non è accoglibile, “atteso che le argomentazioni utilizzate dalla Corte di merito per ritenere provata la falsificazione materiale della certificazione” a firma di altra persona “risultano logiche e condivisibili. Ed invero, risulta essere circostanza insuperabile quella secondo cui la ricorrente era l'unica interessata alla trasmissione della documentazione oggetto della condotta falsificatrice e dei cui effetti favorevoli si era poi appropriata dopo il positivo inserimento nella graduatoria provinciale ed in sede di sottoscrizione del contratto di lavoro”. Insomma, condanna ratificata.

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