di Salvatore Martino
A due settimane dalla Giornata della Memoria, ci ritroviamo a riflettere su un altro momento tragico e terribile della storia del Novecento, le foibe: una ferita ancora aperta e sanguinante che ci ricorda quanto l’uomo, dimentico della sua natura e della sua dignità, sia capace, in qualsiasi tempo, di nefandezze e di comportamenti bestiali. Uomini, donne, bambini e anziani buttati nelle foibe della Venezia Giulia e della Dalmazia, uccisi o lasciati morire nel ventre della terra dal regime comunista di Tito con l’unica colpa di essere italiani.
È terribile ma necessario ricordare, oggi, questi avvenimenti che hanno segnato in maniera drammatica un pezzo di storia che ha devastato vite, famiglie e mondo.
In una Europa che si dichiara civile e patria delle nazioni, questi momenti dovrebbero essere inequivocabilmente ricordati e stigmatizzati in tutta la Unione, senza alcun distinguo o incertezza, promuovendo la conoscenza della storia e, insieme, la cultura del dialogo e della tolleranza.
Da quel che sta accadendo, invece, abbiamo l’impressione di trovarci in una Europa che balbetta in fatto di civiltà e che favorisce con la sua inerzia, l’affermazione di egoismi e di localismi che non giovano al bene comune. Troppo spesso, infatti, in questa Europa e in questa Italia, il diverso, lo straniero, il povero vengono considerati prodotti di scarto, soggetti, cioè, non titolari di diritto né di cittadinanza umana. L’intolleranza, la prevaricazione e il razzismo, che pensavamo fossero spariti dal nostro vocabolario e dalla nostra cultura, in realtà, stanno tornando, in maniera preoccupante, tristemente di moda.
Rileggiamo, allora, queste pagine di storia e, provando un po’ di vergogna per il passato, raccontiamole ai più giovani raccomandando loro di essere migliori di noi e di impegnarsi a costruire un mondo fondato sull’amore e sul rispetto, e non sulle nefandezze dell’odio e della intolleranza che causano solo orrore e sofferenza!