di Cristian Fiorentino

All’interno delle cerimonie in onore di San Francesco di Paola ben due i peculiari momenti vissuti nella serata del 24 aprile 2025. Entrambi al ritorno dalla Peregrinatio del simulacro del Santo Patrono dallo scalo coriglianese e da Schiavonea.

Ambedue dettati dalle parole dell’Arcivescovo Monsignor Maurizio Aloise rivoltosi alla folla nel consueto messaggio, tenutosi nel quartiere Sant’Antonio ai piedi del centro storico, dove il prelato ha dispensato questo discorso: «Lo abbiamo accompagnato tra le strade come figli attorno ad un padre portando nel cuore il desiderio di essere anche noi luce nel cammino degli altri e come Lui lo è stato per tanti. Viviamo questo momento nell’Anno Santo della Speranza, un tempo di Grazia che la Chiesa ci dona per riscoprire anche nelle prove la luce che non tramonta: Cristo Risorto. E in questa Luce oggi vogliamo anche affidare alla Misericordia del Padre il nostro Santo Padre Papa Francesco che proprio in questi giorni ha lasciato questa terra per celebrare la Pasqua Eterna nel Cielo.

Il nome del Pontefice richiama il nome del Poverello di Assisi e il suo cuore tanto vicino ai piccoli e agli ultimi avvicina Papa Francesco anche al nostro S. Francesco da Paola. Due Uomini di Dio, due Fratelli nella Fede che hanno saputo parlare al mondo con la forza mite della Carità. S. Francesco Minimo ed eremita, uomo essenziale e radicale nel Vangelo visse anche nella nostra Corigliano passando per le nostre strade dove pregò e amò questa comunità. In questo tempo lasciò un’impronta indelebile, una traccia che ancora oggi vediamo nei gesti silenziosi di bene: nella fede che resiste e nella Carità che non si spegne. La Sua Speranza fu fisica ma soprattutto Spirituale e la vostra presenza così numerosa ne è un segno. Fu il segno che Dio non dimentica mai i suoi figli. Ci ha lasciato una consegna Francesco da Paola, un’eredità viva che oggi più che mai ci interpella: Charitas. La parola che scelse come motto per la sua famiglia religiosa dei Minimi ma anche per tutti quanti noi. Non un sentimento vago ma una Carità concreta fatta di scelte, di servizio, di vita donata, una Carità che nasce dall’ascolto della parola di Dio, dalla contemplazione profonda del volto di Dio nei poveri, nei sofferenti in ogni fratello e sorella.

L’invito che ci lascia oggi S. Francesco è di diventare anche noi eremiti nel cuore, capaci di silenzio e di preghiera. Non chiacchieroni anche nelle cose che riguardano la Fede ma uomini e donne di Speranza che nel buio sanno accendere la luce della fede, testimoni di Carità, non a parole ma con la vita. Sotto il tuo sguardo chiediamo la Grazia di rinnovarci e di riscoprire e che ogni nostro passo, ogni nostra scelta possa   diventare luogo di incontro con Dio. S. Francesco ci insegna che la Santità non è fuga dal mondo ma immersione profonda nell’amore, nella povertà e nella verità. Affidiamoci a Lui e lasciamo che il suo esempio sia per noi un cammino dal cuore alla vita, dalla contemplazione all’azione, dall’eremo dell’anima alle strade della città perché davvero con Lui possiamo dire al mondo che l’ultima parola sarà sempre la Speranza che non delude. La Carità che tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e che non verrà mai meno». A margine del messaggio rivolto ai fedeli, il secondo momento è stata l’implorazione rivolta da Monsignor M. Aloise al Santo Patrono

«San Francesco Padre dolce e forte che hai camminato tra le nostre pietre, che hai pregato nei nostri silenzi e amato questo popolo con cuore ardente volgi ancora i tuoi occhi di predilezione sulla nostra città: terra che ti è stata cara e che ancora oggi porta viva la tua eredità di Santità e di Carità. Tu che hai vissuto nella povertà e nella preghiera donaci di riscoprire la bellezza dell’essenziale, di cercare Dio nel silenzio e nei volti dei fratelli. Custodisci questa nostra città terrena, proteggila dai pericoli del corpo e dell’anima, dona Pace alle sue strade, giustizia alle sue istituzioni, Fede viva alle sue famiglie. Fa che, mentre ci prendiamo cura delle nostre piazze e dei nostri fratelli, cresca in noi la nostalgia della città terrena quella che non conosce tramonto, quella dove Dio asciugherà ogni lacrima e la Carità sarà piena e senza fine. Nel tempo della fatica e dello smarrimento fa che la nostra città non perda il coraggio ma si rialzi, si apra, si doni, guidata da questa Speranza che non delude e che ha un volto quello di Gesù Cristo Risorto che vive per sempre. Tu che hai confidato in Dio, anche nelle prove più dure insegnaci a sperare contro ogni speranza, a credere che l’amore vince sempre, che la croce non è la fine ma l’inizio di una Risurrezione. S. Francesco intercedi per noi, proteggi le nostre famiglie, i nostri giovani, i nostri anziani, i poveri, i malati, proteggi i cuori scoraggiati e rendici come Te: piccoli nella Fede ma grande nell’amore. Amen». A seguire la fiaccolata con tanto di tradizionale infiorata sotto l’arco dell’antico acquedotto su via Roma, voluto da S. Francesco ai tempi della sua permanenza a Corigliano, e rientro nel santuario dove l’Arcivescovo ha benedetto i fedeli con la Sacra Canna del Santo Patrono. Reliquia che i devoti hanno onorato col consueto bacio.        

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