Comunicato stampa

La Regione Calabria sarà chiamata ad esprimere una parere su una proposta, complessa ed importante, che potrebbe portare alla fusione dei comuni di Corigliano e Rossano.

Una valutazione che dovrà tener conto di tanti fattori: in primo luogo del referendum e del suo esito in entrambi i comuni, delle possibilità legate allo sviluppo del territorio, della discussione che si è sviluppata, del comportamento dei due enti interessati e delle mancanze, enormi, che hanno manifestato, dell’esistenza o meno di quel sentimento di “comunità” che deve necessariamente esistere per dar vita ad una fusione. E, in questa valutazione, il parere della Regione è chiaramente l’unico che poi produca effetti giuridici. Non li provoca il referendum da solo, non li ha provocati nemmeno l’atto d’impulso, non li provocano tantomeno le associazioni, i partiti e le singole posizioni dei cittadini. Mi sembra che, per ragioni diverse, la discussione fatichi sempre di più ad uscire dall’alveo dei circuiti politici per entrare nel mondo reale delle due città e che s’incarti sempre di più in una serie di rivendicazioni che hanno il solo scopo di dimostrare “che io ho ragione e tu torto”. Poco o nulla si sviluppa nel senso di fornire gli strumenti tecnici al cittadino per una valutazione serena. A poco valgono le rivendicazioni “identitarie” ed altrettanto poco valgono le ragioni de “uniti è meglio”. Dovrebbero valere i dati empirici in una valutazione squisitamente tecnica. E, questi, sono difficilmente riscontrabili perché è mancata, manca e continuerà a mancare l’impegno delle due amministrazioni a svolgere il proprio ruolo di guida. Come si fa a non valutare la portata della cancellazione della possibilità di violare il patto di stabilità per i comuni fusi dal 2011? Come si fa a non valutare costi e risparmi economici per il cittadino sui servizi? Come si fa a non valutare i possibili investimenti legati ai fondi aggiuntivi che verranno? Tutti elementi importanti che non hanno avuto uno sviluppo ma sono stati lasciati alla disponibilità dei comitati elettorali che li interpretano ognuno attraverso la loro lente d’osservazione. Quindi, a mio avviso, il cittadino, confuso e disinformato o si affiderà ad una valutazione basata su di un sentimento di speranza (peggio di così non si può) ovvero a questioni di acredine identitaria (non mi fido di…). Entrambe le scelte, se pur in buona fede, risulteranno carenti e potrebbero mettere a rischio un progetto che potrebbe essere eccellente (se accompagnato da tutto ciò che ora manca) ovvero (dannoso perché valutato male dai proponenti). Quindi la valutazione della Regione dovrà accuratamente valutare tutto questo. Laddove sia possibile compensare e sanare le enormi mancanze delle amministrazioni con studi di settore e di fattibilità ed arrivare ad una decisione tenendo conto, appunto, della partecipazione dei cittadini. Se questa, per i motivi più disparati, dovesse essere sotto il 50% non potrà essere valutata come un elemento di contorno alla decisione. E se fosse sotto il 40%? Potremmo in coscienza dire che abbiamo, tutti gli attori politici che hanno partecipato alla discussione, d’aver adempiuto al nostro dovere? Vogliamo veramente che un gruppo risicato di cittadini, qualunque sia l’esito, decida in maniera definitiva sul destino di questa Terra? E non mi riferisco del dato “legale” del quorum (non più previsto) ma di una componente che deve partecipare alla costruzione della decisione. La valutazione dovrà essere attenta e rispettosa di tutte le componenti che sono in campo. Ed è chiaro che non si tratta di una valutazione che vuole porre l’accento sul favorire il No: con una bassa affluenza potrebbe persino emergere un NO che, pur appoggiandosi su un numero limitato e circoscritto di voti (immagino nella città di Corigliano) imponga di fatto la chiusura di un processo che, nei fatti e nella realtà, non è mai stato realmente presentato alla città. A 20 giorni dal voto stiamo assistendo ad una discussione che contraddice se stessa: il SI, profondamente improntata sulla supposta rivalità ed avversità di Cosenza poi fa convegni dove porta il gotha della politica cosentina. Il NO, schiacciato sulla sola città di Corigliano trasforma la discussione in una difesa identitaria che lascia perplessi ma poi “chiama” in soccorso elementi e parallelismi extraterritoriali… Ed in tutto questo, il cittadino, cosa può capire davvero? Quale valutazione può fare? Quella della vignetta più o meno simpatica? Quella del politico più o meno credibile? Ed in questo contesto irreale le due amministrazioni continuano a navigare a vista non valutando l’iceberg che si scorge in lontananza perché occupati in una gara di “celodurismo” abbastanza sconcertante.

Alberto Laise (Sinistra Italiana)

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