di Salvatore Martino

Una figura straordinariamente attuale di sacerdote, pedagogista, studioso, di intelletuale che, in tempi molto difficili, seppe guardarsi attorno con spirito critico e di profezia, riconoscendo e denunciando le contraddizioni che stavano incrinando la verità nella Chiesa e trasformando il mondo.

A cinquantasette anni dalla sua morte, il suo pensiero, la sua idea di cultura, e i suoi obiettivi di inclusione e di coesione umana e sociale, costituiscono ancora oggi un patrimonio a cui attingere. Eppure, questa società, distratta e affabulata dalle tante follie di questo tempo che ha adottato come modelli, si ritrova impantanata in una marea di problemi dai quali non riesce in alcun modo a tirarsi fuori. A distanza di più di mezzo secolo, il nome di don Milani, continua a correre sul registro di molti, più per palesare il disagio e le difficoltà di questo tempo, che per far ricorso alle idee di quel prete coraggioso e controcorrente che, oggi, potrebbero servire come medicina, per curare non pochi malesseri di questa società, a cominciare dalla scuola, costretta a sottostare a regole, imposizioni, e interferenze, che nulla hanno a che fare con la didattica, la formazione, e la cultura. Don Lorenzo Milani è finito un po’ come il Concilio, fino a qualche tempo fa citato, apprezzato, celebrato, poi, usato come alibi e, attualmente, quasi dimenticato perché scomodo e non compatibile con le bugie e i traffici di questo tempo. Che tristezza dovere ammettere di essere tornati indietro, con una cultura recintata e marginalizzata, con una comunità che non si sente più tale, in cui il bene comune interpretato come ricchezza, viene sottratto agli ultimi, mentre, un numero sempre crescente di poveri, di esclusi, e di scartati, continua a bussare alle porte di questa società per chiedere aiuto, ma nessuno risponde.

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