Vangelo di Matteo 28, 16-20: Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Commento al Vangelo di oggi:
“Ecco, io sono con voi fino tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Mistero di una vicinanza, presenza da scorgere istante dopo istante tra le pieghe recondite della nostra storia e in quella del mondo. In cosa consiste questo legame con Gesù che non può essere sciolto dal logorio del tempo, dalle nostre debolezze e infedeltà, dal mare agitato e tenebroso del nostro peccato? Dall’essere inseriti nel suo nome. Il nome rappresenta un’appartenenza, un volto, una casa, una tenda, una dimora. Il cristiano è colui che vive in questo mondo inserito in un nome che non è di quaggiù, che riflette una parentela che va oltre l’umana finitezza perché radicata nel mistero di Dio Trino ed unico. Ecco perché alla domanda “Dove sei?” il cristiano dovrebbe rispondere: “Sono nel Nome”. In quel nome che mi rende cittadino di questo mondo ma anche di una dimora futura che non è di questo mondo, in quel nome che mi svela il mio vero volto, la mia identità, una nuova dignità che devo condividere con ogni fratello che incontro sulla mia strada.
Contemplo:
L’annuncio della grazia contiene una carica di consolazione e di coraggio che dobbiamo raccogliere. Maria è invitata dall’angelo a rallegrarsi a causa della grazia. E anche noi siamo invitati a fare lo stesso. Se Maria è figura della Chiesa, allora è a ogni anima credente che è rivolto l’invito: «Rallegrati, piena di grazia!» e ancora: «Non temere, perché hai trovato grazia!». La grazia è la ragione principale della nostra gioia. Nella lingua greca in cui fu scritto il Nuovo Testamento, all’inizio, le due parole ‘grazia’(chàris) e ‘gioia’(charó) quasi si confondono: la grazia è ciò che dà gioia. Rallegrarsi per la grazia significa «cercare la gioia nel Signore» (cfr.Sal37,4) e in nessun altro all’infuori e senza di lui. Niente assolutamente anteporre al favore e all’amicizia di Dio. La grazia è anche la ragione principale del nostro coraggio. A san Paolo che si lamentava per la sua spina nella carne, che cosa rispose Dio? Rispose: «Ti basta la mia grazia» (2 Cor 12,9). La grazia o il favore di Dio non è infatti come quello degli uomini, che tanto spesso viene meno al momento del bisogno. Dio è, insieme, «grazia e fedeltà» (cfr. Es 34,6); la sua fedeltà «è fondata nei cieli» (Sal 89,3).Perla grazia, noi possiamo avere, fin da questa vita, un certo spirituale contatto con Dio, ben più reale di quello che si può avere attraverso la speculazione su Dio. Ognuno ha il suo accorgimento preferito per stabilire questo contatto con la grazia, come una specie di via segreta, nota a lui solo: sarà un pensiero, un ricordo, un’immagine interiore, una parola di Dio, un esempio ricevuto… Ogni volta è come tornare alle sorgenti e al cuore, e sentire riaccendersi la grazia. Anche l’Apostolo invita il discepolo Timoteo a ‘ridestare la grazia’ che è in lui.