di Francesco Caputo

Caro San Giuseppe, fra pochi giorni è la tua festa, le buone e care nonne, in questo periodo, preparano le zeppole ed i Papà festeggiano, ricordando la tua paternità.

Come diceva don Tonino Bello, scusami se interrompo il tuo lavoro da falegname, per scambiare quattro chiacchiere con te. Nella vita sei stato sempre un uomo silenzioso e che preferisci tramutare le parole in gesti concreti. 2000 anni fa sei stato costretto a far nascere tuo figlio in una mangiatoia, dopo 2000 anni i figli di questa terra sono costretti a superare le difficoltà più gravi per quanto riguarda la sanità. Ospedali al limite del collasso, poco personale e continui viaggi della speranza per vivere o meglio sopravvivere. La bottega ti impegnava di lavoro, oggi in questo territorio le imprese chiudono, padri di famiglia restano senza occupazione, privati persino della dignità di vivere e quei pochi che resistono vivono, quotidianamente, l’angoscia che da un giorno all’altro finisca tutto. Per non parlare di quando sei dovuto scappare con Maria ed il Bambino Gesù in Egitto, qui è difficile pure scappare perché le nostre strade sono al limite della praticabilità, i treni neanche passano, e per volare lo si può fare solo nei sogni. Scusami se ti ho disturbato caro Giuseppe, quando tornerai a casa fai una carezza al tuo Bambino anche da parte di tanti amici di questa terra, che vuole continuare a vivere. Che il prossimo Sindaco sia ispirato dalla tua bontà e dal tuo esempio di uomo del fare e non del dire.

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