di Salvatore Martino
Nonostante siano passati quarant’anni dal rapimento e dall’uccisione dell’onorevole Aldo Moro, a parte le responsabilità accertate, dichiarate e datate delle brigate rosse, nessun altro elemento di chiarezza è stato aggiunto circa le responsabilità politiche e degli eventuali mandanti.

Per uno stato che vuole essere democratico questo dato, dopo così tanto tempo, diventa inspiegabile, e spinge a confermare l’idea che ci siano interessi forti a mantenere misteriosa la vicenda e a fare in modo che la verità non venga mai conosciuta.
È triste dovere assistere in questi giorni al solito rituale celebrativo in ricordo dello statista, un rituale fatto di discorsi di circostanza e di trasmissioni televisive e servizi giornalistici che rievocano per l’ennesima volta la tremenda vicenda, senza aggiungere elementi di novità al vero problema di chi ha voluto la sua morte.
È offensivo per la democrazia e per il comune senso di giustizia continuare a rappresentare il rapimento e l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro come un evento tragico, ineluttabile, inspiegabile.
I sentimenti che dovrebbero prevalere in questa giornata che ricorda il quarantesimo anniversario del rapimento del Presidente della Dc dovrebbero essere la tristezza e l’indignazione: tristezza per la tragedia umana e politica che ha stroncato la vita dello statista e segnato la sua famiglia e tutti gli italiani; indignazione perché questo Stato si sta dimostrando incapace di perseguire e di punire i responsabili dell’assassinio di uno dei suoi figli migliori.
In questo doloroso quarantennale bisogna sperare che non vi sia in alcuno la volontà strumentale di mitizzare la figura dello statista al fine di allontanarla dal contesto attuale, facendo così dimenticare agli italiani che il cuore del problema è la grave sconfitta per lo Stato e per le Istituzioni.

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