di Giulio Iudicissa

Tratto dal periodico: Nuova Corigliano 10/3/2018

Vada rispetto a chi, con decisione sofferta, ha scelto di non recarsi alle urne.

Evidentemente, cose già viste e speranze cadute lo hanno convinto a rimanere a casa. Quando si spegne anche l‟ultima fiammella, non c‟è nulla da fare: ci si ferma. Io sono andato a votare, ma credo che la sofferen-za mia sia stata pari a quella di chi a votare non sia andato. Forse, l‟ho fatto per abitudine o, forse, per non dichiararmi sconfitto dinanzi ai miei familiari. Certo, son mancate la fede e la passione, che pure mi sono state compagne da sempre. Non ho sentito la festa, anzi, è stato un giorno più che ordinario, senza curiosità e senza attese. Unica nota, se proprio una debba annotarla sul mio intimo diario, è stato un ritorno imprevisto di memorie, che mi han-no messo davanti tante immagini di un calendario tutto personale: manifesti, crocchi, comizi, scudo crociato, falce e martello, edera, fiamma tricolore, volti e voci d‟un tempo, in cui le passioni erano impeto e fuoco. Meglio o peggio? Ognuno la racconterà a modo suo, in attesa che la storia, comparando e pesando, dica qualcosa di chiaro e di certo. I tempi della storia, però, sono lunghi e, spesso, condizionati dal potere, quello che si ramifica dalle sedi economiche a quelle dell‟istruzione e della comunicazione. E qui, su questo punto, taccio, ben sapendo di tante menzogne, che, a distanza di decenni e di secoli, vengono ancora, senza ritegno, trasmesse con un sigillo di verità. È scesa un‟altra sera, intanto: l‟ora in cui il cuore più facilmente si lascia prendere dalla tristezza. Prendo un testo a caso, i Canti di Leopardi. Ogni tanto, vi attingo un soffio di verità: … Qui non è cosa/ ch’io vegga o senta, onde un’immagin dentro/ non torni e un dolce rimembrar non sorga. E ricordo mio Padre, che in un marzo, non so più se lontano o vicino, si allontanava, pregando, da me. Di politica lui s‟intendeva. Mi sia di conforto.

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