Francesco  Dragosei

L’intraprendenza gli valse il titolo di cavaliere Dragosei, la simpatia gli procurò quello di don Ciccio. Comunque a lui si guardi, si resta affascinati; su qualunque fatto si indaghi, ci si imbatte in lui.

La sua vita fu così pubblica e di tanti interessi, che ad ogni passo si intreccia con la storia della città, fino a fare con essa, talvolta, un tutt’uno. Nacque a Corigliano il 18 febbraio del 1859 e qui crebbe in una famiglia relativamente agiata, anche se prestissimo divenne orfano, avendo perso il papà, ventunenne e tenente della Guardia nazionale, per mano dei briganti. Estroverso ed emancipato, amante delle novità, fu, a suo modo, popolano ed aristocratico.

Fece di tutto: lavorò con le mani, con la mente e col cuore ed in ogni sua cosa lasciò il segno. Tanti coriglianesi realizzarono illustri e belle imprese, lui compì gesta, senz’altro, irripetibili. Sedette tra i banchi del Consiglio comunale per 35 anni e fu, fra i colleghi, sempre in prima linea. Propose e realizzò, fu attaccato e, più spesso, attaccò. Nazionalista ed interventista e, poi, fascista, fu dal partito espulso, per aver auspicato al suo interno un po’ di pulizia. Amò il bel canto e la musica e questo amore cercò di trasmetterlo anche ai giovani. Perciò, costituì e diresse, per 40 anni, una Banda musicale, che fece bella mostra di sé nelle piazze e procurò a molti un mestiere per vivere.

 Don Ciccio coltivò anche il teatro e, per ospitare compagnie ed attrici, spese non poco del suo; e spese ancora di più, una fortuna, l’equivalente di 30 ettari di proprietà familiare, per impiantare a Corigliano un cinema, il primo in tutta la Calabria. Comprò nel 1905 un proiettore ed una macchina per la produzione di energia elettrica e, nel 1909, un nuovo proiettore, quest’ultimo più sofisticato, dal momento che il primo impianto era scoppiato nel corso della serata inaugurale. La sua creatura più nobile, fiore all’occhiello suo e gloria della città fu, però, Il Popolano, il periodico delle mille battaglie, che il cavaliere progettò e firmò, quale direttore responsabile, dal dicembre del 1882 al maggio del 1930. lo stampò nella sua tipografia, la prima a Corigliano, ed attorno ad esso raccolse studenti e professionisti, il meglio del paese e dei dintorni. Nato “per discutere alla buona i bisogni della cittadinanza”, il giornale adempì senz’altro alla promessa. Trattò di cronaca e di costume, di arte e di cultura, ma, soprattutto, di politica; in genere, graffiò e fece male. Per i Coriglianesi sparsi nel mondo fu anche strumento di informazione e di raccordo. Molti cercarono di imitarlo, ma nessuno vi riuscì. Quando il fascismo lo soppresse, terminò la più bella esperienza giornalistica di Corigliano. Un po’ Francesco Dragosei morì allora, insieme al suo giornale; poi, consumato dagli anni e dai mali, si spense del tutto il 9 ottobre del 1938.  Pragmatico e sognatore, tre volte sposo, legato alla sua città ed insieme infaticabile viaggiatore, geloso della famiglia, eppur galante, resta per i Coriglianesi un mito. Vincenzo Tieri, uomo di cultura e di esperienza, scrisse di lui così: “Dragosei fu per il suo paese una fonte di energia, di operosità, d’iniziative ovunque da lui strenuamente difese: in piazza, in consiglio comunale, sul giornale. La sua cultura non era vasta né profonda, ma infinitamente varia; inquiete e instancabili erano le sue curiosità intellettuali e sociali, acutissimo il suo fiuto di quel che andava e di quel che non andava, numerosi gli interessi materiali e spirituali che ne facevano il promotore delle più importanti attività cittadine”. Avergli dedicato una strada, è veramente poco, niente.

 

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