Immagine tratta dal sito www.coriglianocal.it 

Titolo di oggi: Re Ferdinando D’Aragona a Pendino e Schiavonea.

Il Governo aragonese di Napoli presto si rese conto dell’importanza strategica ed economica del territorio di Corigliano e con i decreti del 14 marzo e del 12 novembre 1480, stabilì che la fortezza doveva essere restaurata con oneri finanziari a carico della comunità, al fine di renderla idonea “ad evitanda pericula quae evenire possent propte invasionem Turcorum”.

La stessa determinazione, re Ferdinando d’Aragona la manifestò quando ordinò la carcerazione del Principe Girolamo Sanseverino, feudatario di Corigliano, con l’accusa di essere uno dei più attivi supporter della Congiura dei Baroni. Nel mese di febbraio del 1489, uno squadrone di muratori ebrei, per decisione del Governatore di Corigliano, Giovanni Nuclerio, fu impegnato al Palazzo di Pendino in una vasta azione di ristrutturazione dei vani interni, mentre schiere di altri ebrei furono impegnate all’esterno per realizzare un vasto piazzale. Il mistero di tanto fervore di opere, ebbe una eclatante risposta, quando, attorno alle ore 11 del 21 marzo a Pendino arrivò re Ferdinando I d’Aragona alla testa della sua Cavalleria. Il cronista dell’epoca, G.P. Volterra annotò che il Re, dopo una breve sosta a Cirò e Cariati, “Partito da Rossano et venne alloggiare Corigliano et mangiò per una volta et ando uno jardino di la terra et poi torno et quel di passo lucino (Cino- Inziti)”. Il Re, ritornato a Pendino “Piglio quel di sua medicine mangio at XXI hori et ando a dormire a basso a lo jardino et petiti lecture hori 3 noctis”. La mattina del giorno dopo, 22 marzo 1489, il Re, che aveva già espresso il desiderio di recarsi alla Marina del Cupo “ Surrexit bona hora et ando suo solito missa (Chiesa di S.Marco), fece collazione e poi cavarco a la Marina a vedere tirare la scjabica et poi torno a vedere le mua della terra; et poi torno et mangio” diverse pietanze di pesce ottimamente cucinate da alcune donne, mogli di pescatori, ai quali il Sovrano non risparmiò complimenti ed apprezzamenti.. Alla cena di lavoro del 22 marzo partecipò anche il barone Barnaba Abenante, figlio di Baldassare e di Aurelia Pipino, ed il Re, in tale circostanza, fece alcune esternazioni sull’avanzato degrado della Fortezza. Dall’incontro, scaturì la decisione di realizzare, prioritariamente, alcuni sostanziali ampliamenti con il potenziamento dei due ponti levatoi (il primo era ubicato sul sito dell’attuale cancello di ingresso e collegava la fortezza alla Porta principale della Cittadella). Per rastrellare le necessarie risorse finanziarie, si pensò ad un tributo a carico della comunità coriglianese. Era stata ipotizzata anche l’idea di riattivare alcune parti delle mura di cinta, ma, viste le somme ingenti fissate nel preventivo, fu deciso di rimandare sine die tale intervento.

GIUSEPPE FRANZE’

 

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