Foto tratta dal sito: www.AnticaBibliotecaCoriglianoRossano.it 

Titolo di oggi: La “prigione” di mastro Domenico

Per il rinnovo parziale del Consiglio comunale, la mobilitazione dello schieramento ostile all’ascesa dell’avv. Vincenzo Fino, attivò un particolare impegno dell’avv. Francesco Policastri e del “Comitato degli Indipendenti”, che sostenne la candidatura di maestro Domenico Scarcella, un uomo estroverso, brioso, comunicativo ed amante dei tarallucci e del vino, specie nei pomeriggi domenicali.

Le votazioni furono fissate per la fine di aprile del 1907 e l’avv. Fino si buttò nell’agone politico con la sua solita determinazione, suscitando altrettanta foga nell’opposizione. Mastro Domenico tenne il suo bel discorso alla villa Margherita con una audience particolare, garantita dalla presenza di centinaia di giovani. Ad ogni sua parola in autentico idioma coriglianese, un uragano di applausi. Poi, le votazioni e la sua strabiliante vittoria, assieme a quelle più contenute dell’avv. Policastri e di Stefano Ciollaro. Gli avvisi di convocazione del nuovo Consiglio comunale per la elezione del sindaco, furono notificati a mano dalle guardie municipali Paura, Salcina, Manigrassi ed Albamonte, onde evitare eventuali assenze sempre attribuite ai soliti disguidi postali. Nel pomeriggio del 30 aprile, nell’aula consiliare c’erano tutti. Mancava solo maestro Domenico. L’avv. Policastri sguinzagliò alcuni giovani galoppini alla ricerca di maestro Domenico, ma ritornarono con le pive nel sacco, dopo estenuanti peregrinazioni e ricerche per vicoli e botteghe. L’avv. Vincenzo Fino, fu rieletto sindaco con un solo voto di maggioranza e l’avv. Policastri non esitò ad accusare la maggioranza di avere disposto il rapimento del loro Consigliere. E così fu. Mastro Domenico, alle ore 15 del 3° aprile, fu invitato da tre amici a festeggiare, con una bicchierata, la sua vittoria elettorale e l’evento del suo insediamento in Consiglio. Si chiusero in un pianoterra del Fosso bianco, attorno ad un tavolo bandito con salsicce, pecorino, ricotte, pane caldo e vino rosso e bianco. Alle ore 19 erano già cadenti, storditi e farfuglianti. Quando le nebbie si diradarono alquanto, ritornarono attorno al tavolo e così sin a notte inoltrata. Solo a mezzogiorno del primo maggio, mastro Domenico si ricordò della riunione del Consiglio comunale e solo dopo aver parlato con l’avv. Policastri, si rese conto che era stato “rapito” con un piano ben preparato. Il luogo del suo rapimento fu visitato da molti curiosi per alcuni mesi e fu in tale occasione che prese il nome di “la prigione di mastro Domenico”. L’avv. Fino, dopo avere riconsolidato la sua egemonia politica, protrattasi ininterrottamente sino al 1919, potè finalmente sposarsi con la signorina Vittorina Picolla di Oriolo nel mese di giugno. Per mesi si chiacchierò su maestro Domenico, ma nessuno se la sentì di confermare che si era trattato di un vero rapimento. Un dubbio che assalì anche il protagonista di questa cronaca.

 GIUSEPPE FRANZE’

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