Titolo di oggi. La cantina di casa Patari
Era la più decorosa e dignitosa cantina di tutto il Circondario e tra i suoi consumatori annoverava i soliti bevitori di routine, ma anche professionisti e nobili.
La cantina era situata al centro di via Roma, sotto il Ponte Canale (lato Fosso Bianco) è in un seminterrato, e per il periodo di vendita, da Natale a S.Giuseppe, la gestiva, per conto della famiglia Patari, Zì’ Tummasi. Il vino prodotto nei vigneti di Cozzo di Patari, in una contrada soleggiata mattina e pomeriggio, fu rifatto totalmente, dopo la grave infezione della peronospera del 1885. Poi, grazie alla famosa poltiglia bardolese a base di zolfo e rame, la rinascita del vigneto, con le varietà della Malvasia e del Gaglioppo, fatte crescere con la potatura francese, il Guyot, per allargare le foglie e consentire una migliore fotosintesi clorofilliana. Fu elevato il grado zuccherino ed il vino rosseggiante era di una sorbevolezza straordinaria. Lo affermò anche il barone Toscano di Rossano, che ogni anno prenotava una botte di cento litri. (Quando la baronessina Antonietta Compagna, nel 1895, festeggiò l’annuncio del suo fidanzamento con Ferdinando Gaetani, duca di Laurenzana, circolò la voce che il vino dei brindisi era della Cantine dei Patari, annata 1894, perché il vigneto di Palombella era in declino da alcuni anni). Quando il 10 maggio del 1896. il dott. Vincenzo Fiore volle festeggiare la sua recente nomina a Ufficiale Sanitario, il vino dei Patari la fece da padrone ed i brindisi si susseguirono velocemente, tanto da dover aprire la cantina nottetempo per un ulteriore approvvigionamento dalla grande botte di rovere riservata agli amici e non più al piccolo dettaglio. Stesso successo alla festa per l’insediamento della Giunta Municipale, voluta dal neo sindaco, il farmacista Luigi Redi. Era il 12 gennaio del 1898 ed a fare gli onori di casa, con le brocche di coccio colmi di vino rosso o bianco dei Patari, c’erano i neo assessori Cimino, Spataro, Tricarico, Terzi, Tieri e Mollo, mentre le donne servivano le braciole di maiale alla brace, con ripieni di salsiccia e caciocavallo affumicato. Nel mese di settembre del 1897, ci fu la “violenta” ribellione dei “bandisti” della locale Banda Musicale, contro il loro maestro Francesco Dragosei, accusato di avere incassato i proventi di alcune feste e di non volere liquidare le loro spettanze. Don Ciccio si giustificò sostenendo che gli eccessi della contestazione dovevano essere attribuiti solo alle e abbondanti bevute di vinello rosso presso la cantina dei Patari.
GIUSEPPE FRANZE’