Titolo di oggi: L’OSPITALE DELLA PIETA’

Il fabbricato ancora torreggia sul piccolo dorsale, sopra la Chiesa del Carmine, chiuso da quando i fratelli Gaiani, eccellenti falegnami ed ebanisti, hanno disattivato il loro laboratorio.

Fu don Pietro Perrone, ricco di famiglia, a volere realizzare, a fine Cinquecento l' "Ospitale della Pietà" per l'assistenza agli ammalati molto poveri. La gestione fu  affidata ai monaci Fatebenefratelli di S. Giovanni di Dio attorno al 1605, ma il piccolo nosocomio, dopo una esistenza grama, chiuse  per mancanza  di oboli. Nella seconda metà del Seicento, anche i monaci lasciarono Corigliano. Ignoto il suo ruolo sino al fine Ottocento, quando ritornò ad essere la sede di un nuovo frantoio per la macina delle olive con strutture in legno di ciliegio, una rarità all'epoca. Nel 1911, quando il barone Guido Compagna fece installare la teleferica per il trasporto di legname, svolse il ruolo di deposito e di officina, nella quale lavorò anche il giovane Alfonso Scarcella, addetto alla manutenzione degli argani. Nel 1917 il Sindaco Vincenzo Fino aveva programmato un veloce restauro di questo edificio per ospitare un contingente di 50 reclute  (Leva 1898), provenienti dalla Sicilia ed assegnate a Corigliano per un addestramento di tre mesi, prima di essere avviati al fronte. Il Sindaco dovette rinunciare al progetto quando prese visione del preventivo di spesa e dovette optare per la chiusura delle sezioni femminili della Riforma, dove furono poi alloggiate le reclute. Alla fine della prima Guerra Mondiale, era stata fatta la proposta di trasformare il piccolo edificio in Cappella Votiva dedicata a tutti i Caduti in guerra, con la conservazione di loro cimeli, di lettere ed altri oggetti destinati a mantenere viva la memoria del loro sacrificio. Ma tutto svanì nel nulla. Quando l'équipe dell'Arch. Guiducci  stava redigendo il nuovo  Piano Regolatore del nostro territorio, ci fu anche la visita dell'Arch. Radonga, il quale era convinto che l'agglomerato Pendino - Carmine doveva saldare armonicamente lo sviluppo urbanistico della  pianura col Centro Storico. Era stata sua l'idea  di realizzare  il Parco  Archeologico del Carmine- Pendino ed il piccolo Museo del  Lavoro, con arnesi ed immagini  del Concio e della Fabbrica dei Panno,  nel piccolo edificio dei  Fatebenefratelli. Lo spiazzale antistante doveva essere, con tutti gli arredamenti  necessari, il Belvedere sul Coriglianeto (ll sito era conosciuto col nome di "Monti Pirucchj", dove le lavandaia, nel mentre asciugavano la biancheria, spidocchiavano le nipotine al seguito).  L'Arch.  Radonga voleva offrire a chi arrivava a Corigliano una immagine accattivante e non quella dei porcili, che all'epoca popolavano questa zona.

GIUSEPPE FRANZE’

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