Fonte: www.corrieredellacalabria.it
Due fratelli, il 55enne Giovanni Chiaradia e il 49enne Piero Francesco Chiaradia, sono stati arrestati a Corigliano Rossano dai carabinieri del reparto territoriale guidato dal colonnello Raffaele Giovinazzo, nell’ambito dell’inchiesta che riguarda – tra l’altro – l’incendio della grande officina e autocarrozzeria (utilizzata come depositeria giudiziaria) “Socas srl”.
La Socas è stata interamente distrutta nella notte dello scorso 24 maggio. Le indagini dei militari della sezione operativa del Reparto territoriale Carabinieri di Corigliano Rossano avrebbe permesso di ricostruire il movente, le fasi preparatorie e quelle immediatamente successive all’evento riscontrando, a livello di gravità indiziaria, il coinvolgimento, come presunti mandanti e pianificatori dei fatti, dei due arrestati. L’arresto è stato disposto dal gip presso il Tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda del capoluogo. L’accusa per i due è di “incendio doloso aggravato dal metodo mafioso”.
La riparazione pretesa e la reazione stizzita dopo il “no”
In particolare, il 55enne, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa e per estorsione continuata e aggravata dal metodo mafioso, avrebbe richiesto dl titolare dell’officina di procedere all’immediata riparazione del proprio veicolo, pretendendo che avvenisse nello stesso giorno. Alla risposta negativa dei titolari che, per la grande mole di lavoro, avrebbero rinviato la riparazione al lunedì successivo, il 55enne avrebbe avuto una reazione stizzita. Nei giorni successivi avrebbe manifestato al fratello i suoi propositi di “castigare” il titolare dell’officina.
La preparazione delle bottiglie incendiarie
Le indagini avrebbero permesso di riscontrare il coinvolgimento del 49enne, già condannato in passato per associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti. L’uomo avrebbe partecipato, assieme al fratello, alla preparazione delle bottiglie incendiarie, prelevando la benzina da un’auto nella disponibilità dei due. «In considerazione delle eclatanti modalità della condotta – si legge in una nota firmata dal procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri – realizzata in un contesto caratterizzato da pesanti infiltrazioni mafiose, è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso». Gli arrestati sono stati trasferiti nella casa circondariale di Cosenza.