Fonte: www.corrieredellacalabria.it
Mentre i partiti e i movimenti sono impegnatissimi nella composizione delle liste e nella scelta dei fedelissimi da blindare nei listini, nelle sovraffollate carceri italiane si continua a morire e in alcuni casi la protesta rischia di trasformarsi in tragedia.
Ne è un esempio quanto accaduto ieri sera nel carcere minorile di Catanzaro dove alcuni detenuti hanno incendiato i materassi, provocando un incendio per il quale si è reso necessario l’immediato intervento dei vigili del fuoco. La protesta ha costretto alle cure alcuni detenuti raggiunti dal fumo e trasportati in ospedale. Quanto accaduto non va minimamente sottovalutato, alla luce degli slogan elettorali che rischiano di sparare il solito fumo negli occhi degli elettori con promesse quasi mai realizzabili. E il tema legato alla giustizia non fa differenza: c’è chi promette la costruzione di nuovi istituti penitenziari e chi – come il M5s – si affida ad ex magistrati antimafia per completare le liste. E’ il caso, ad esempio, dell’ex procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho che stamattina su La Repubblica demolisce la proposta lanciata ieri da Silvio Berlusconi deciso a riproporre il vecchio refrain sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. I claim spesso sterili sulla “legalità” si sciolgono dinanzi al numero dei suicidi nelle carceri italiane registrati nei primi otto mesi del 2022. «Le morti per suicidio rappresentano il 38,2% delle morti in carcere, mentre la media europea è del 26%», dice Rita Bernardini – Membro del Consiglio Generale del Partito Radicale e fondatrice di Nessuno tocchi Caino (la lega internazionale di cittadini e di parlamentari per l’abolizione della pena di morte nel mondo) – dal 16 agosto in sciopero della fame. «Mentre scrivo – continua – siamo arrivati a 52 uomini e donne che in cella si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno».
La versione del Sappe
La violenza, le aggressioni, gli incendi, i tentativi di suicidio. «Tra minori e adulti registriamo – ogni anno – circa 11mila eventi critici: il sistema è degenerato», confessa al Corriere della Calabria Giovan Battista Durante segretario generale aggiunto del Sappe il sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria. Le ragioni del collasso, secondo Durante, sono da attribuire alla «politica gestionale che non è rispondente alle esigenze». «Alcune riforme – continua – hanno destabilizzato il sistema penitenziario. Penso ad esempio al passaggio alle Asl e al conseguente sistema sanitario non adeguato nelle carceri e poi alla riforma delle “Celle aperte” avanzata senza nessun criterio di meritocrazia». Il Sappe si batte per «instaurare un sistema “misto” di celle aperte e chiuse». «Non è concepibile aprire sempre di più ai detenuti solo perché protestano. C’è una corrente politica-ideologica che vuole chiudere le carceri, mentre il sistema sta collassando». Durante poi si sofferma sulle aggressioni ricevute dagli agenti di polizia penitenziaria. «I detenuti fanno quello che vogliono e sanno di poter rimanere impuniti. Si scagliano contro gli agenti lanciando contro olio bollente o escrementi». La Calabria non fa differenza. «L’organizzazione del sistema penitenziario è simile in tutto il Paese. Le falle ci sono al nord e al sud». Ecco perché, chiosa il segretario, «bisogna ripristinare le regole, non si programmano investimenti in sicurezza da 15 anni».