Le radici del fenomeno migratorio partono da lontano e si consolidano già nella prima fase importante delle scelte della vita.
Cioè subito dopo la conclusione delle scuole secondarie. In quella fase in altre parole in cui ognuno acquisisce la piena consapevolezza di dove piantare le basi per costruirsi un futuro sostenibile che possa garantire un lavoro – qualsiasi – senza entrare nel tunnel del lavoro nero e dell’economia sommersa. Tipica del Sud e della Calabria in particolare. Il report “Transazione dai percorsi scolastici al mondo del lavoro per i diplomati degli istituti tecnici professionali” - stilato dalla Fondazione Agnelli e dall’Università “Bicocca” di Milano, con i dati determinanti dell’ufficio statistico del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca assieme a quelli della direzione generale dei sistemi informativi del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – costituisce una conferma, se ce ne fosse stato ancora necessità, delle scarse possibilità offerte dal territorio a chi decida di restare in Calabria e nel Sud in generale già in questa prima fase della propria formazione. Una condizione che determinerà conseguentemente il primo passo verso l’abbandono della regione e il trasferimento in altre aree del Paese subito dopo – o nei mesi successivi - il conseguimento del raggiungimento del diploma di scuole medie superiori. Una scelta che verrà compiuta anche da molti altri coetanei che decidono viceversa di proseguire la propria formazione fuori dai confini calabresi, così come da quanti invece dopo il percorso superiore di studi universitari magari svolto negli atenei regionali prendono le valigie per trovare lavoro lontano dai luoghi di residenza. Una generazione dunque condannata all’esilio, spesso non per scelta o vocazione. Ma per vera e propria necessità. I dati dell’ultimo report presentato nei giorni scorsi nella sede del MIUR, alla presenza della ministra Valeria Fedeli sono impietosi. Dimostrano che quella fetta importante di giovani –quasi la metà dell’intera coorte di riferimento – decidono di intraprendere gli studi tecnico-professionali senza poi transitare all’università o altri percorsi formativi ha un destino decisamente differenziato a secondo da dove risiede. Così se nelle aree più ricche del Paese una fetta importante trova un’occupazione in altre aree come quelle del Mezzogiorno e soprattutto in Calabria questa pletora di giovani è costretta a migrare per avere le stesse chance. In particolare, stando ai dati del report “Fondazione Agnelli-Bicocca”, se oltre 6 diplomati su 10 in materie tecnico- professionali trovano lavoro, questa media scende a 2,2 in Calabria. Un dato superiore ovviamente alla media nazionale dove circa il 40 per cento (esattamente il 39,8%) dei diplomati tecnici e professionali ha trovato lavoro già nei primi 2 anni dopo aver raggiunto il traguardo del diploma. Con un indice del 28% che ha lavorato per almeno 6 mesi in questo arco temporale. Ed è anche sulla tempistica che la nostra regione consegue un altro record negativo. Così se i tempi di attesa per ottenere un contratto di almeno 30 giorni in alcune regioni – soprattutto del Nord-Est – mediamente sono di sei mesi post diploma, nel Mezzogiorno e in tutte le province della Calabria questa media supera l’anno. Numeri che portano per questo a una conseguenza ineluttabile l’esodo “forzato” dei diplomati calabresi in altre aree del Paese, soprattutto le province del Centro-nord. La cartina offerta dal report su questo terreno è decisamente chiara. La Calabria ha la media più alta in termini chilometrici di distanza tra il luogo di residenza dei neodiplomati e quello in cui poi troveranno lavoro: 118,8 chilometri ed oltre. A fronte di una media nazionale di 40 chilometri con punte virtuose tra 16,5 e 22,2 chilometri della “solita” zona del Nord-est. L’effetto di questo fenomeno – ben fotografato con dati aggiornatissimi perché relativi all’anno scolastico in corso – che ne consegue è l’inevitabile emorragia di giovani che non solo non diminuisce il flusso migratorio ma ingrossa le fila di quanti fuggono dalla Calabria in cerca di futuro. E che certifica senza alcun ombra di dubbio la totale sconfitta delle politiche finora portate avanti – a fior di miliardi di euro di risorse comunitarie e nazionali – per creare uno straccio di possibilità a quanti decidano di rimanere nei propri territori d’origine. Relegando così sempre più la nostra regione a terra di lavoro nero e di economia sommersa come hanno dimostrato anche gli ultimi dati del rapporto Censis-Confcooperative che con una percentuale pari 9,9% di lavoratori irregolari regalano lo scettro di regina inarrivabile dell’occupazione negata.