Fonte: www.corrieredellacalabria.it
«Scrivo per fare chiarezza sulla situazione nella Federazione di Cosenza, alla luce delle notizie circolate e dei colloqui avuti con diverse personalità del partito a livello locale, regionale e nazionale»: inizia così la lunga nota con cui Vittorio Pecoraro annuncia la decisione di autosospendersi dalla carica di segretario provinciale del Partito democratico cosentino.
«Sono stato eletto Segretario provinciale circa due anni fa, dopo l’annullamento del precedente congresso provinciale da parte della Commissione nazionale di garanzia. Questo incarico mi è stato affidato da una larga maggioranza, pochi mesi dopo il mio precedente tentativo di candidarmi come Segretario provinciale, annunciato il 13 gennaio 2022 e successivamente ritirato su richiesta della Segreteria nazionale, con l’obiettivo di promuovere l’unità dopo vari rinvii dello stesso congresso.In tutta onestà, non ero convinto di candidarmi una seconda volta. Tuttavia, chi mi chiese di ritirarmi da Roma fu molto insistente nel sollecitarmi a tornare in campo, e finii per farmi convincere. Nonostante avessi ricevuto avvertimenti sull’arduità del compito, con un pizzico di incoscienza ho accettato questa sfida. Sfida già enorme per chi non vive di politica e porta avanti la propria attività nella normalità di un lavoro e della vita di un qualsiasi ragazzo della mia età.Il motivo della mia seconda candidatura era, oltre alla piattaforma programmatica e allo spirito di rinnovamento dovuto alla mia giovane età, la mia lunga esperienza politica e professionale all’estero, considerata utile da molti per superare le tante divisioni locali. Come mi disse un compagno del Pollino in quei giorni, “ci serviva un segretario alieno”».
Il consuntivo, gli errori, i personalismi
Pecoraro scrive che «in 18 mesi, abbiamo compiuto notevoli progressi, aprendo nuovi circoli e organizzando centinaia di iniziative e Feste de L’unità. Abbiamo affrontato temi cruciali come l’autonomia differenziata, il regionalismo sanitario, il diritto alla casa e alla giusta retribuzione, oltre a promuovere progetti di volontariato come il nostro banco alimentare “Solidarietà in circolo”, unico nel PD italiano nel 2023. Abbiamo sostenuto tutte le richieste provenienti dai livelli superiori, dalla raccolta delle firme per il salario minimo alla partecipazione alla manifestazione a Roma dell’11 novembre. Non è questo però il luogo per fare bilanci. Sicuramente sono stati fatti degli errori, siamo umani, fatti di sensazioni, emozioni, simpatie, orgogli, ma vi assicuro che abbiamo messo ogni nostra energia in campo con la sincera volontà di costruire un grande Partito Democratico a Cosenza, una forza riformista, europeista, libertaria, socialista, capace di attirare energie nuove senza mortificare le esperienze storiche al suo interno perché abbiamo visto il fallimento degli esperimenti della rottamazione. Purtroppo, nonostante questi sforzi, le divisioni ataviche sono riemerse, riportandoci alle tragiche sconfitte delle ultime elezioni provinciali e alle cause dei commissariamenti che abbiamo vissuto per anni a Cosenza e in Calabria, impedendomi di operare con serenità e bloccando in termini concreti ogni attività. Inoltre, il PD negli ultimi anni, ad eccezione del risultato del comune di Cosenza che non a caso ha registrato l’unità di tutto il partito, è andato incontro a severe e ripetute sconfitte dovute a divisioni e personalismi e la mia responsabilità mi impedisce di non denunciare il rischio che questa dinamica condizioni i prossimi appuntamenti elettorali».
«Basta ipocrisie, il Pd cosentino è ingovernabile»
«A questo punto – continua Pecoraro -, penso che sia ora di stracciare il velo dell’ipocrisia. Cosenza è una delle migliori realtà della sinistra dell’intero Sud Italia per passione, abnegazione, tradizione e sacrificio, ma il PD qui è ingovernabile. Una comune anarchica dove la lealtà al partito è sempre più erosa e chi ricopre incarichi di vertice è lasciata spesso completamente solo a gestire problemi che si ripresentano identici dalla caduta del muro di Berlino. Non c’è stato intervento, congresso o formula di pacificazione che abbia retto in tutti questi anni. Ad oggi, non ci sono le condizioni per convocare riunioni per discutere dei problemi, non possiamo organizzare iniziative senza scatenare polemiche interne, né possiamo promuovere una discussione unitaria su temi cruciali come le imminenti elezioni provinciali ed europee perché manca anche la sola cultura di sedersi intorno a un tavolo per ragionare. Per non parlare delle realtà amministrative, dove il PD rischia di presentarsi nuovamente sia in maggioranza che in opposizione, con la tendenza a non presentare più simboli di partito alle amministrative per nascondere nuove forme di trasversalismo. Fenomeno a cui si associa la difficoltà, da chiare a livello nazionale, della composizione di coalizioni arlecchino che alle volte guardano ad Azione e Italia viva e alle volte al Movimento 5 Stelle senza un grande coerenza strategica. A ciò si aggiunge il crescente fenomeno di conflitto di interessi, con alcuni dirigenti che sembrano muoversi più per convenienza personale che per il bene della comunità progressista. Sempre più spesso, si motivano scelte politiche con interessi di carattere strettamente personale anziché per convenzione ideale. Non sarebbe forse necessario un aggiornamento vero del nostro codice etico nazionale? Non esprimo tutto questo punto per criticare o attaccare qualcuno specifico, ma per evidenziare un problema che va al di là delle simpatie personali, delle alleanze e delle maggioranze. Tutti dobbiamo compiere un passo indietro, riflettere e vivere una stagione di autocritica. Io ad esempio l’ho fatto. Mi è stato fatto notare che la mia segreteria non rappresentava tutti. Ho dichiarato la disponibilità a formarne una nuova e unitaria con umiltà, pronto a ricominciare e a rimarginare le ferite. Tuttavia, siamo ancora lontani da un punto di caduta unitario poiché le richieste degli attori principali sono incompatibili tra loro. Non posso più continuare a pesare ogni incarico assegnato, anche il più marginale, per soddisfare le quote e le condizioni altrui. Non trovo dignitoso che ci vogliano quasi due anni per trovare un accordo unitario su un organismo provinciale.In tutto ciò, il Segretario provinciale può anche essere un capro espiatorio, ma non può ma ridursi ad essere un vigile che dirige il traffico fra alleanze, concordate, gruppi, e mondi che si fanno la guerra fra di loro e poi si allenano a convenienza in un eterno gioco di alleanze variabili. Non posso portare avanti le mie prerogative statutarie e un forte indirizzo politico se continuamente soggetto a condizionamenti, intimidazioni, tentativi di influenze e minacce».
L’appello ai vertici nazionale e regionale
«A questo punto – argomenta ancora il segretario auto-sospeso -, ho bisogno di capire, se anche qui possiamo abbracciare il vento di cambiamento portato da Elly Schlein nel PD, che si sta rilanciando e suscita nuovi entusiasmi, o se a Cosenza i vecchi vizi e l’egoismo siano insormontabili. Attendo insomma di sapere, se un segretario debba essere lasciato, insieme a tanti altri ragazzi e validissimi segretari di circolo, nel fango del logoramento a combattere battaglie che dovrebbero essere sentite come di tutti o se si possa fare uno scatto di qualità e aprire una nuova stagione. Per questo motivo, mi auto-sospendo dalla carica di Segretario provinciale e chiedo un intervento a livello nazionale e regionale per garantire una moratoria che ci permetta di affrontare le imminenti elezioni provinciali, amministrative ed europee in termini unitari, oltre a ricomporre un perimetro di coesione degli organismi provinciali. Battere la destra non può essere un obiettivo secondario rispetto a farsi la guerra interna. Per la dignità della mia persona e per il bene del partito, non sono più disposto a svolgere le mie funzioni in un partito diviso, dove al proprio interno si rifugge da ogni forma dialogo. Una volta ripristinate insieme le più basilari condizioni di agibilità sarò pronto e saremo pronti a ripartire con l’entusiasmo e l’energia di sempre» conclude Vittorio Pecoraro.