di Giuseppe Sammarro*

Caro Direttore, Baviera 1962 un cartello esposto in bella vista davanti ad un Gasthof (locanda tradizionale Bavarese) citava “proibito l’ingresso ai cani e agli Italiani”.

Roma 2024 davanti alla sede nazionale del CONI fa bellissima mostra un murales dedicato a Paola Ogechi Egonu Italianissima di pelle scura, una delle straordinarie protagoniste delle Olimpiadi di Parigi. Cosa lega, a distanza di sessantadue anni, questi due episodi? Li lega quel filo rosso che attraversa la storia dell’umanità in tutti i luoghi e a tutte le latitudini: il razzismo. Io caro Direttore ho vissuto sulla mia pelle questa assurda e vile condizione, e posso testimoniare che ti marchia l’anima, e qualsiasi atto di razzismo nelle sue svariate espressioni ti riaccende la vergogna che in quel lontano 1962, io sedicenne, mi fece sentire indegno ed escluso dalla società umana. La reazione a questo infame gesto non ha colpito solo Paola, per il colore della pelle, ma sfregiando anche la palla l’hanno resa indegna di partecipare all’unico evento che dall’antichità unisce donne e uomini senza distinzione. La bagarre politica che si è subito scatenata è la dimostrazione lampante di una classe politica, specialmente nella maggioranza di Governo, che ha perso il senso della decenza e il contatto con il Paese reale. La gioia, gli abbracci, i sorrisi che queste meravigliose ragazze si scambiavano nella partita in corso hanno emozionato e contagiato il Paese. A dimostrazione che il Paese è andato avanti. A questo punto la domanda è: l’Italia è un paese razzista? La risposta è sì almeno per una consistente parte di esso. Diventa inquietante quando esso viene sdoganato da chi rappresenta le istituzioni. Il successo del pseudo libro di Vannacci e le cinquecentomila preferenze alle Europee dimostra una strutturale saldatura in corso nel nostro paese tra razzismo e neofascismo. Che si badi bene, non è il fascismo della marcia su Roma, non ne hanno bisogno. Non serve ne manganello ne olio di ricino, la svolta avviene attraverso le istituzioni repubblicane, prima attraverso l’aspetto culturale e poi attraverso lo strisciante logorio della Costituzione.

Cittadino ed ex esponente sindacale della Cgil

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