di Salvatore Martino
Quest’anno, Giuseppe dovrà faticare molto per trovare un riparo a Maria. Non saranno il freddo e il gelo a ostacolarlo, ma la pericolosità di questo mondo, diventato, in questi ultimi tempi, luogo insicuro e pieno di insidie, soprattutto, per gli innocenti, i deboli, e gli indifesi.
Alla fine, Giuseppe sarà costretto a rifugiarsi in una sgangherata capanna, davanti alla quale non ci saranno i pastori ad esultare per la nascita del Bambino, ma uomini senza scrupoli che staranno ad uccidersi tra di loro. Ad illuminare la scena, poi, nella notte santa, non sarà la cometa e nemmeno il luccichio delle stelle, ma i bagliori e i lampi dei razzi e delle bombe, che continuano a brillare in diverse parti del mondo. È un panorama triste e desolante di grande sofferenza, costruito interamente con gli attrezzi che l’uomo contemporaneo ha, ormai, l’abitudine di usare. È una grave responsabilità che appartiene agli ‘uomini di buona volontà’, come li definisce il Vangelo, che sembrano, oggi, uno sparuto gruppo di ingenui e di sognatori che fanno fatica a segnare questo tempo, mentre la strada per la pace e la concordia si fa più difficile e tutta in salita. Ma, il messaggio che viene proclamato durante la notte di Natale riguarda proprio questo mondo e quanto di terribile sta accadendo in questi giorni. Ed è all’interno di questo contesto che il credente è chiamato a portare il suo messaggio di pacificazione, che scaturisce, appunto, dalla venuta nel mondo di Cristo. Un compito difficile, al quale egli deve dare il suo contributo, assumendosene la responsabilità. In mezzo a così tanta confusione, c’è bisogno di un cristianesimo più puro, più autentico, non malato, con meno parate, meno retorica, meno slide, meno ‘mi piace’, e con più testimonianze personali, vissute non nel clamore dei media, ma nel silenzio, nella difficile e complicata giungla della quotidianità.