Il Vangelo di oggi: G v 10,27-30 In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Contemplo: Maria, madre nostra:
Maria è “madre nostra” perché, vivendo come madre il suo singolarissimo rapporto con il Salvatore Signore Gesù, non lo ha potuto vivere se non condividendo singolarmente la sua missione per noi. Noi non la costruiamo, non la possiamo costruire ad immagine del nostro bisogno affettivo: non la possiamo “trasfigurare” in questo modo. Essa rimane anche per noi quella donna concreta che fu. Rimane la sposa di Giuseppe. Il rapporto materno, fisco e totale, che la caratterizza in senso assolutamente primario e unico, è quello che essa ha con il personaggio concreto e storico che è Gesù di Nazaret. Anche per noi Maria è e deve rimanere anzitutto la madre sua.
Commento al Vangelo del giorno:
Nella breve dichiarazione di Gesù, riportata nel brano evangelico, è racchiusa tutta l’esperienza cristiana. Si tratta di un legame profondo che si stabilisce fra il Cristo risorto e coloro che, credendo in Lui, fanno parte della Chiesa. Legame che Gesù descrive attraverso l’immagine del pastore e del gregge. “Io le conosco”. Non si tratta di una conoscenza superficiale. Gesù mi assicura: “Io ti conosco”. Cioè, so tutto di te. Tutto mi interessa di te. Mi prendo a cuore ogni particolare della tua vita. Ti amo. “Io do loro la vita eterna”. Ecco il dono permanente che Gesù fa ai suoi. Chi sente risuonare nel cuore questa dichiarazione può gustare una pace e una sicurezza imperturbabili. Il rapporto di Cristo con i suoi esige una risposta. I suoi come si comportano con Lui? “Ascoltano” la sua voce. È l’atteggiamento fondamentale dei credenti. Essi accolgono le parole di Gesù, le interiorizzano e le custodiscono nel cuore. Non ne lasciano cadere a vuoto neppure una. Gesù fa ancora due affermazioni che riguardano il futuro della sua relazione con i discepoli: le sue pecore “non andranno mai perdute” e “nessuno le rapirà dalla sua mano”. Egli le difende, le protegge. Esse appartengono al Padre, che le ha affidate a Gesù e rimane con Lui nel custodire il gregge. Affidarsi a Gesù vuol dire mettersi nelle mani del Padre, perché Gesù e il Padre agiscono con un medesimo potere, e spinti da un medesimo amore, in favore delle pecore. Custoditi dall’unità e nell’unità tra il Padre e il Figlio, essi sono destinati a diventare sempre più una cosa sola: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21). “Ascoltando la voce” di Gesù e “seguendolo”, veniamo introdotti in questa unità. Se vivo unito a Gesù, posso dire anch’io: “Io e il Padre siamo una cosa sola”.