di Salvatore Martino
La disinvoltura con cui il Presidente americano Donald Trump si muove, in America e nel mondo, per affrontare le questioni di politica nazionale ed estera, lascia sempre più interdetti e senza parola.
Se finora, i toni dei suoi interventi, anziché essere improntati ad una lungimirante visione del mondo, sono stati farciti da volgari minacce e sfide ai suoi interlocutori, dimostrando rozzezza e incapacità politica, in queste ultime ore, anche perché alla vigilia della campagna elettorale che lo rivedrà in corsa per la Casa Bianca, ha preferito passare, come si suole dire, alle vie di fatto. Infatti, con la clamorosa uccisione, da lui ordinata, del generale iracheno Qassem Soleimani e di Hashad al Shaabi comandante delle Forze di Mobilitazione Popolare, ha compiuto un gesto di criminalità internazionale che costituisce un vero e proprio monito non solo all’Iraq ma al mondo intero. Queste ultime decisioni, assunte senza informare il Parlamento americano né altri capi di stato amici, spiazzano e annullano ogni tentativo di risoluzione pacifica dei conflitti internazionali e incrinano pericolosamente i già precari equilibri esistenti nel mondo, ricreando un clima di tensione che mette in pericolo anche le numerose missioni di pace in cui sono impegnati migliaia di militari italiani. Si sperava che il nuovo anno portasse ad un rinsavimento della politica e ad una inversione di marcia nella gestione delle relazioni internazionali, invece gli eventi ci dicono che la direzione intrapresa è ancora una volta molto lontana da quelle frontiere di pace a cui l’umanità aspira da sempre. Un’ultima parola, forse, potrebbe averla l’opinione pubblica internazionale suggerendo maggiore cautela e prudenza al mondo della politica.