di padre Giovanni Cozzolino (Fonte: IncamminoconSanFrancescodiPaola)
PADRE GIROLAMO MOLINARI (Malvito 1535 – Corigliano Calabro 1605) Comprese pienamente la forza della maggiore penitenza
Riguardo alla storia di padre Girolamo Molinari, venerabile per l’Ordine dei Minimi, molti storici l’hanno presa dal Lanovius.
Nel 1635 afferma che lui stesso è un testimone di ciò che narra nel suo Chronicon generale Ordinis Minimorum; ma è il Montoya, che scrive nel 1619 la Cronica General de laOrden de los Minimos de San Francisco de Paula, che riporta notizie biografiche più precise su padre Molinari, quasi che la pagina gli sia stata inviata, su sua richiesta, da un frate dell’eremo di Corigliano di quegli anni; ha il sapore di appunti, che Montoya riporta in uno strano sitle spagnolo-cala-brese, difficile da tradurre. Questa è la mia traduzione:«Del padre frate Geronimo di Malvito, sacerdote, il cui corpo santo ripo- sa nel convento di Corigliano, avrà perpetua memoria nella nostra santa religione, e non minore in tutta quella terra, per le sue eccellenti virtù, in- sieme con la nobiltà; era un nobile della famiglia Molinari, quando entrò nel nostro Ordine da sacerdote e nel secolo, e ha guidato la chiesa par- rocchiale di Casal di Toci, Diocesi di San Marco, in Calabria Citra, quando compì 30 anni dopo il 1532. Indossò il nostro abito, nel santo convento di Paola, cominciò nel nuovo stato a farsi conoscere per la vita perfetta, trascorrendola con grande prudenza. Dopo essere entrato nell’Ordine, ottenne licenza dai suoi superiori per digiunare tutti i giorni, come fece, per quasi i quaranta anni, che visse nell’Ordine, non mangiando mai che una sola volta al giorno, in pochissima quantità; pregava tutti i giorni e le notti; la postura che teneva nel pregare era quella di un così grande penitente e di così singolare morti cazione, che coloro che lo vedevanolo consideravano morto: quando i religiosi parlavano tra di loro, a mo’ di proverbio, dicevano: “andiamo dal morto”, della cui vista uscivano straordinariamente edificati: camminava sempre scalzo in tal modo, cheportava la calza sopra la parte anteriore del piede, senza suola, come era in verità, non si chiedeva di cambiare in presenza di altri, anche se camminava a lungo: viveva come un povero di spirito, teneva soltanto un abituccio vecchio, con una tunica di panno sopra la carne, i gioielli della sua cella erano il breviario del rosario, la disciplina, con quattro o sei libri di spiritualità, che leggeva con grande profondità, e giammai per nessuna ragione sarebbe uscito dalla cella tranne che nelle ore del coro, e nei momenti comunitari, né parlava con qualcuno, tranne che durante la confessione: diceva Messa con notevole devozione e grande profusione di lacrime, a lungo sostava nella sua cella, la porta socchiusa, mai chiusa a chiave né con battente: se qualche volta i confratelli, per godere del- le sue parole sante, lo chiamavano per conversare e per non annoiarlo,molto presto gli chiedevano la benedizione, con lo stile ordinario del nostro Ordine, abbassando la testa e dicendo: benedicite (siate benedetti), si chiudeva nel suo ritiro e nel silenzio perpetuo, nel quale lo studio e la scienza venivano posti davvero al servizio di Dio. Nel lungo periodo di quaranta anni di sacerdozio, non entrò mai in infermeria, n quando l’obbedienza lo mandava, soprattutto quando c’era una malattia grave, e poi avrebbe dovuto mangiare più carne per la sua malattia. Era un chiaro specchio di santità, le cui eccellenti virtù dovevano essere imitate da tutti. Giunsero i suoi anni (accompagnati dalla continua penitenza) ad impedirgli totalmente di poter celebrare… dopo aver superato i 64anni, non privato del bene ciò celeste, chiese la benedizione dei suoi su-periori per potersi comunicare tutti i giorni, cosa che faceva con incredibile devozione, confessandosi con grandi lacrime, segno della sua sentita contrizione, dopo aver ricevuto il Santissimo Sacramento, stava cadendo come morto, trasportato dalla preghiera mentale, incendiando nella preghiera coloro che lo vedevano, e tutti lo chiamavano l’uomo di Dio.Serviva in questi ultimi anni un fratello terziario del nostro Ordine, chiamato Ottavio Sacaleto, al quale disse già vicino alla sua morte: “Ottavio, oggi, nell’ora di Compieta, passerò all’altra vita, con la grazia di Dio”. E ciò successe puntualmente: morì santamente abbracciando unCroci sso, ai cui piedi restava in adorazione, irrigandolo con in nite la- crime, legandosi eternamente con il suo Redentore, avendo ricevuto i sa- cramenti in maniera devotissima, come se non passasse attraverso quel terribile passaggio della morte, rese sul far della sera, l’8 agosto 1607. Sentirono con molta ragione la sua morte i confratelli, lo sentì il popolo di Corigliano, che lo venerava e lo stimava per la sua santa vita; venne- ro, poi, quelli che stavano sopra il convento, per essere presenti alle sue esequie, tagliando pezzi del suo abito, coloro che lo potevano toccare con grande felicità, o per lo meno potevano baciare i suoi piedi, e toccare il suo pesante rosario. Gli venne data sepoltura nella viva terra, giacché in Italia si usava porre le salme nelle grotte, senza buttare la terra sopra (la salma), ma posto sopra essa. Dopo quattro anni, aprendo questo sepolcro per seppellire un confratello, secondo quanto riferisce il padre correttore frate Andrea da Corigliano, un certo frate Lego che aprì la grotta, vide come stava il corpo del benedetto padre frate Geronimo di Malvito, rispose che era così intero come il giorno in cui venne deposto nella bara, replicò: “Posso baciargli il piede, dalla mia parte”. Così fece il frate, e trovando il piede destro sollevato, verso l’alto, per cui il padre correttore, e i presenti videro come stava intero, senza alcun genere di corruzione, o male odore, prima con soavissima fragranza, per la qual cosa tutti coloro che erano lì confermarono il buon credito che di questo santo uomo si aveva sempre, sulle sue virtù, e una vita davvero di uomo di Dio». Padre Girolamo Molinari nasce a Malvito il 1532, di famiglia nobile sia nel secolo sia nel sacerdozio; fu parroco di Casal di Toci (vicino a Roggiano Gravina e San Marco) quando compì 30 anni dopo il 1532: e siamo nel 1562; entra nel convento di Paola nel 1563-1567: per noviziato, professione semplice e perpetua. Nel 1567 entra come sacerdote-religioso minimo nel convento di Corigliano Calabro: dove visse per 40 anni. Nel 1598 (aveva 66 anni) è a Corigliano Calabro, dove i Minimi erano ritornati dopo il 1596; in assenza dei Minimi (per una lite di giurisdizione con l’arcivescovo di Rossano) si sono avverate le profezie fatte da San Francesco di Paola nell’atto di mettere la prima pietra nella costruzione dell’eremo: invasione delle cavallette e invasione turca. Padre Girolamo è testimone nell’atto notarile del 1598 per la questione sul patronato di San Francesco di Paola; a lui appare San Francesco con la canna come ’u viecchiu. Nel 1601 è tra i frati che pregano per togliere la siccità: cosa che avven- ne, scena immortalata in un affresco del chiostro, così come il ritorno dei Minimi accolti dall’arcivescovo di Rossano e le invasioni delle cavallette e dei turchi. L’8 agosto 1607 (giusto un secolo dopo la morte del santo fonda- tore) muore a Corigliano Calabro: tutti dicono a 70 anni, ma in realtà sono 75. Dal testo riportato apprendiamo che i frati venivano sepolti nelle grotte del giardino del convento, e quando costruirono l’antistante del romitorio pensarono bene di seppellirvi i frati vicino al guanciale della pietra del san- to fondatore, e padre Girolamo Molinari vi viene collocato dopo 4 o 5 anni dalla sua morte e cioè nel 1612-1613. Montoya scrive nel 1619: cioè dopo 11 anni dalla morte e dalla sepol-tura, 8 anni dopo ed è quindi molto attendibile e, poiché, la traduzione era molto difficile, dal Lanovius, che ne fa una sua imprecisa e sintetica ma chiara, si è scelto di seguire la sua da tutti gli storici. Nel 1622 è già nell’albero genealogico dei santi minimi, in un posto privilegiato: sul tronco centrale con a capo il fondatore, dopo il successore nominato da San Francesco, padre Bernardino da Cropalati. Padre Girolamo Molinari, per ora solo venerabile nell’Ordine dei Mini-mi, per la sua vita di santità, riconosciuta dai fedeli al suo funerale, per aver compreso pienamente la forza della maggiore penitenza, carisma dell’Ordine dei Minimi, per praticare più facilmente il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, merita di essere proposto come modello di santità sacerdotale e di perfetta consacrazione per tutta la Chiesa. Il venerabile, si è lasciato trovare nel 2005 mentre seguivo i lavori di restauro al romitorio: vedendo il suo teschio – quasi come se l’avessi sempre conosciuto – esclamai dinanzi a vari testimoni «è il cranio di padre Girolamo Molinari» e dopo attenta osservazione anche di padre Antonio Arena, ottimo latinista, notammo che sul cranio vi era scritto «P. Girolamo Molinari». Con il permesso dell’arcivescovo di Rossano-Cariati mons. An- drea Cassone, lo esposi nel romitorio e non in chiesa, come suggeriscono le norme vaticane.