La questione "centro storico" a Corigliano: ma si deve sempre ripartire da capo ?
Articolo di Enzo Viteritti pubblicato sulla rivista "Il Serratore" n. 89 Dicembre 2007
È possibile "salvare" un centro storico meridionale, nel senso di ridargli vitalità commerciale, sociale, urbanistica ed abitativa?
Se ci si basa sull'esperienza degli ultimi decenni, la risposta non può che essere negativa. Non esistono, da Roma a Palermo, casi di centri storici ubica ti in collina o in media montagna riportati a nuova vita, se non in brevi periodi estivi o in occasioni particolari (foste, sagre, fiere, ect). È facile verificarlo nel nostro territorio, osservando con la dovuta attenzione quanto è stato fatto, e che risultati sono stati ottenuti, in città e comuni a noi vicini. Per l'abbandono degli antichi borghi non ci sono colpevoli. Le cause sono da ricercare in profonde motivazioni di ordine economico e sociale contro le quali sarebbe stato vano qualsiasi tentativo di intervento amministrativo, politico, urbanistico o sociale. Chi afferma il contrario lo fa solo perché ha bisogno di argomenti polemici verso l'avversario politico di turno. Le città e le comunità vivono e si sviluppano in pianura, per un elementare principio di "convenienza" e praticità. I centri collinari nascono solo in presenza di precise difficoltà storiche: malaria, assalti pirateschi, guerre, pericoli di inondazioni, che spingono i residenti a cercare riparo in più sicuri territori. Se queste cause vengono meno la gente ritorna in pianura, dove i traffici sono facili, le strade larghe, i parcheggi disponibili, la circolazione di uomini e merci assicurata. È accaduto, in pochissimi anni, a Corigliano come nella vicina Rossano, non appena le famiglie hanno potuto disporre di risorse economiche, in coincidenza del risanamento dei terreni in pianura. Che fare, allora? Considerare inutile ogni sforzo in tal senso e dedicarsi ad altro? Circoscrivendo il discorso a Corigliano, penso assolutamente di no. Bisogna che il problema sia però affrontato con la dovuta consapevolezza di quali siano le condizioni date e su quali direttrici sia conveniente ed utile indirizzare una azione politica che abbia possibilità di successo. E per "successo", come già detto, non si intende una completa rinascita economica e sociale, impossibile nelle condizioni attuali. Innanzitutto è necessario dotarsi di una analisi seria dello stato di fatto, partendo da un'accurata ricognizione del centro storico di Corigliano nel suo complesso, evitando i catastrofismi e i facili entusiasmi, anche se il momento che la città attraversa non induce all'ottimismo. Era prevedibile, infatti, un calo di interesse per la questione "centro storico" a seguito dell'affievolirsi dell'impegno del Movimento Centro Storico per Corigliano, che negli anni scorsi aveva stimolato dall'esterno e dall'interno l'amministrazione comunale, fino al punto da far diventare il problema prioritario nell'agenda di governo della città.
Ma che si finisse nell'attuale confusione e pressapochismo era difficile immaginarlo. Il dibattito ha assunto toni surreali, i contenuti vengono sostituiti da generiche formule di denuncia, le battute ad effetto sostituiscono le proposte concrete, la maldicenza subentra all'operosità ed alle iniziative. Mi auguro che l 'attuale amministrazione comunale, ed il sindaco De Rosis in particolare, abbiano la capacità di riportare la discussione e il confronto entro confini di serenità e concretezza, partendo da quanto già realizzato in passato ed impostando un realistico piano di interventi, capace di ridare fiducia ai cittadini e un minimo di possibilità di sopravvivenza ai pochi operatori commerciali rimasti negli antichi quartieri. Ma per far questo, dicevo, è necessario lasciar cadere le pregiudiziali negative e assumere un atteggiamento costruttivo. Voglio dire, per essere chiaro: a chi giova dipingere il passato, recente e meno recente, come il deserto dei tartari, come il luogo della desolazione, come la sentina di ogni vizio? È una visione, questa, che appare più ridicola che falsa. È da almeno vent'anni che per il centro storico di Corigliano si approntano iniziative, si realizzano opere, si inventano progetti di carattere culturale e sociale. Non sono serviti a molto? È un'opinione rispettabile. Ma si pensi con onestà a quale sarebbe lo stato del dibattito, oggi, se quegli interventi fossero ancora sulla carta.
Un sintetico, pur se non completo, elenco aiuterà a chiarire meglio quello che voglio dire. Nel periodo precedente l'esperienza della giunta Genova, mi riferisco, per semplificare, alle sindacature di Franco Pistoia e Giuseppe Geraci, sono stati effettuati i seguenti provvedimenti (segnalo solo i più importanti, e mi scuso per le omissioni): acquisto del castello e reperimento di un finanziamento per il suo restauro pari a 25 miliardi delle vecchie lire; realizzazione della cosiddetta "strada della lacina", un 'arteria fondamentale che ha scongiurato il rischio di isolamento per il centro storico; pavimentazione e sistemazione dei sottoservizi di via Roma e altre vie del centro, con relativi impianti di illuminazione; acquisto di Palazzo Bianchi e avvio dei relativi lavori di ristrutturazione; realizzazione di un parcheggio su via S. Francesco; avvio di lavori di restauro di palazzo Garopoli; avvio dei lavori per il complesso delle "Clarisse"; avvio dei lavori per il recupero del teatro Valente; avvio di un pia no di recupero affidato alla società Bonifiche, con conseguente "schedatura" dello stato di consistenza di tutti gli edifici del centro storico. Anche la società civile ed il clero cittadino hanno fatto la loro parte. Sono state restaurate chiese importanti (S. Maria, S. Pietro, S. Anna, S. Antonio, S. Francesco e S. Francischielli, campanile del Carmine), mentre associazioni culturali "inventavano" eventi capaci di riportare attenzione e movimento sul borgo antico, dalla "Festa di Via Roma" a "Chiese Aperte", dall'adozione dei monumenti da parte delle scuole al complesso di manifestazioni dovute all'iniziativa della Pro Loco (Palio, Carnevale, percorso dei presepi, ect). Tutto questo, nel 2001, sembra confluire in una svolta decisiva: il Movimento Centro storico per Corigliano partecipa alle elezioni amministrative e contribuisce alla vittoria del sindaco Giovan Battista Genova. Questi porta a termine una legislatura travagliata, i cui risultati sono oscurati da una sua singolare mancanza di sensibilità per quanto riguarda la comunicazione istituzionale. In breve: Genova realizza un sacco di cose, ma la città se ne accorge tardi e male. Per la questione centro storico accade la stessa cosa. Un altro, opportuno elenco, servirà ad esemplificare il ragionamento. Innanzitutto Genova ha il merito di aver portato a termine i lavori per il castello e per il teatro Valente. Non è stato affatto facile, e in entrambi i casi la sua giunta ha saputo assumere le giuste decisioni in tempi brevi. Per il castello ha poi impostato un modello di gestione che rappresenta un punto di riferimento per l 'intera regione. Il castello, in pratica, non costa nulla al comune. La società che ha vinto l'appalto versa alle casse comunali una percentuale su tutti gli incassi derivanti da ingressi, convegni, manifestazioni, ect. Inoltre, grazie ad una costante attenzione ai finanziamenti europei e regionali (ed in questo caso posso essere buon testimone diretto, in quanto responsabile dell'Ufficio cultura del Comune) sono stati intercettati finanziamenti per centinaia di migliaia di euro, che hanno consentito di sostenere i costi per la manutenzione ordinaria e straordinaria oltre che per lanciare eventi valorizzativi del castello stesso, tale da proiettarlo all'attenzione della stampa italiana e internazionale. E qui l'esempio più immediato è quello del Festival della Fotografia, che - ripeto - al comune non costa nulla e porta benefici risultati d'immagine. La giunta Genova ha poi attuato i tanto invocati contributi alle attività commerciali. Lo ha fatto a più riprese ed anche per cifre cospicue. I risultati non hanno corrisposto alle attese? Anche questa è un 'opinione. Dall'esperienza però si può ripartire per valutarla, correggerla, integrarla. È stato approvato il Piano Colore, uno strumento urbanistico dalle potenzialità enormi, come si è potuto constatare dagli interventi fin qui attuati dai privati. È stata ridata nuova vita al "Garopoli", che è diventato un palazzo degli uffici e un contenitore di attività culturali, con centinaia di eventi ospitati (mostre, incontri, conferenze). Ha indirizzato verso il centro storico milioni di euro del piano PSU, i cui lavori sono oggi in corso e sono di forte impatto urbanistico: Parco del Coriglianeto, pavimentazione e sistemazione degli antichi tracciati viari, sistemazione area San Domenico, sistemazione Ponte canale, restauro ex convento della Riforma, ect. È intervenuto sulle piazze cittadine, da S. Antonio a S. Francesco. Quest'ultimo intervento travagliato per un 'infelice protesta agitata da pochi cittadini, ma il risultato è senz'altro positivo, basti pensare all'allargamento di quella curva a ridosso della chiesa che era un vero tormento per gli automobilisti. Sono stati mandati in esecuzione due importanti finanziamenti per il risanamento del rione San Martino e per il risanamento delle zone degradate sotto la chiesa di S. Maria. E' stato attuato un corso universitario in collaborazione con l’Università di Bari e nel Garopoli sono stati attivati master biennali per formazione professionale. E' stata approvata una variante al Piano Regolatore che, per il centro storico, risultava innovativa e metteva fine ad ogni ipotesi di ulteriori costruzioni sui cigli delle colline. Non hanno avuto invece fortuna due opere simboliche di grande impatto: il restauro di Palazzo Bianchi e quello dell'ex convento delle Clarisse. Ma anche in questi casi i procedimenti sono andati avanti e l'attuale amministrazione deve solo decidere come proseguire, avendo a disposizione pareri, relazioni e anche fondi residui. Se l'insieme di tutte queste realizzazioni ha portato al "degrado totale" di cui oggi in molti parlano, allora vuol dire che, come ho detto sopra, per il centro storico non c'è nulla da fare. Invece non è così. Si deve partire da tutto il complesso degli interventi fin qui attuati, si devono concludere le opere in sospeso e si devono fare quelle due o tre cose decisive che possono portare ad una dignitosa ripresa di funzioni ed attività, senza grandi illusioni, ma con la certezza che per i residenti la vita sarà più facile, agevole, gradevole. Dall'insieme di quanto esposto, penso che sia possibile delineare una strategia di interventi capaci di ridare slancio ed entusiasmo nell'affrontare il problema. Eccola, di seguito, in sintesi: completare i lavori pubblici avviati, seguendoli con la dovuta attenzione e severità nei confronti delle ditte inadempienti; affidare un incarico per un Piano di recupero complessivo che, magari partendo dalle schede già redatte da Bonifiche, definisca una volta per tutte la consistenza del patrimonio edilizio riutilizzabile; collegarsi con la vicina Rossano per richiedere a gran voce alla Regione Calabria una legge di tutela e valorizzazione dei centri storici, soprattutto in vista del prossimo POR Calabria 2007 - 2013; riflettere, senza pregiudizi, in modo pubblico e consapevole, sullo stato di fatto della questione, per non dover sempre ripartire da zero con il rischio di disperdere esperienze positive e magari ripetere gli errori del passato.