I Della Cananea

Della Cananea è una famiglia di origine ebraica. Da Montalto, ove ha la sua prima dimora in Calabria, nei primi degli anni venti del sec. XVII il dottore fisico D. Muzio viene a Corigliano, ove nel 1625 sposa la mag.ca Vittoria di Prato.

Di tale famiglia coriglianese in estinzione, i della Cananea entrano in possesso del Palazzo in via S. Nicola e di una proprietà agricola in Santa Domenica. Le generazioni successive a Muzio, rappresentate da Francesco , Eliseo e Giuseppe Antonio, si dedicano all'agricoltura ampliando, con acquisti, Santa Domenica, trasformandola ad olivi ed agrumi, dotandola di un bel fabbricato e rendendola, così, fra le più apprezzabili proprietà dell'agro coriglianese. Oltre il detto fondo, i della Cananea posseggono una vigna con castagni in contrada «Incapolirto», ove trascorrono il periodo estivo. Famiglia tranquilla, dunque, che vive decorosamente di rendita agricola. Le amicizie contratte nella migliore società coriglianese contano gli Abenante, i Mezzotero, i Morgia, i de Novellis, i Castriota, i Grisafi, i Capalbo, i Garetti, i de Gaudio. Del resto, i della Cananea stessi appartengono alla nobiltà del luogo avendo, per arme, uno scudo partito semispaccato con nel 1° e 2° l 'aquila coronata di nero e nel 3° il leone d'oro. Incominciano ad interessarsi della cosa pubblica ed a fare politica con Giuseppe Antonio, che ritroviamo sindaco di Corigliano e partigiano del Duca nel 1787. I movimenti politico-militari del 1799 turbano la tranquillità della famiglia, che offre al Sanfedismo Domenico e GianVincenzo, figli di Giuseppe Antonio. I due fratelli, pur convinti e leali borbonici, pur muovendosi con energia e determinazione in quelle circostanze e nelle successive, non si abbandonano mai ad eccessi estremistici, ma conservano dignitoso ed equilibrato comportamento. Domenico è  Mastrogiurato della Città già ai primi anni novanta. In seguito alla battaglia di Maida, reclutando nel barricello del Duca e fra i cittadini, costituisce una centuria di insorti. Con il grado di Capitano Comandante si unisce al Mezzacapo per assalire le truppe del Verdier a Policoro. Lungo il trasferimento, il 26-7-1806, partecipa all'assalto di Rocca Imperiale, il cui insuccesso de­ termina la rinunzia all'operazione di Policoro e la successiva occupazione di Roseto. Al 1° agosto lo troviamo fra gli strenui difensori di Corigliano assediata dai francesi ed al 15 successivo all'assalto di Acri. In seguito batte la campagna guerrigliando fra Corigliano, Terranova e Cassano, ma, forse e stranamente, non è collegato con i capimassa che agiscono in Corigliano: da Minisci a Russo, da Vesciglia a Francatrippa. Il  17 settembre  1806, in uno  scontro con la guardia  civica di Rossano  ed un contingente delle truppe del Peyri, viene ferito, indi fatto prigioniero e subitanea­ mente fucilato presso S. Mauro per ordine del generale. Il fratello GianVincenzo, arciprete di S.Maria sin dal 1784, assicurata la famiglia nel monastero delle Clarisse, Corigliano essendo stata occupata dal Reynier, il 2 agosto 1806 guadagna la montagna e, quindi, ripara in Sicilia. Qui dal 1808 è posto a capo degli ecclesiastici calabresi emigrati essendo il più degno. Alla restaurazione borbonica si tra­ sferisce in Napoli, ove muore il 1819. Il 19-10-1806 la madre D. Aurora Romano, ancora rifugiata nel monastero, se ne muore di vecchiaia e di dolore. Luigi e Tommaso, figli di Domenico, raggiungono lo zio GianVincenzo in Napoli, ove si sistemano definitivamente al quartiere S. Potito. Francesco, altro figlio di Domenico, resta a Corigliano; subisce la confisca dei beni durante il decennio francese. Alla restaurazione borbonica è nominato sottointendente di Castrovillari prima e di Gerace poi. Muore nel 1836 lasciando la sola moglie Teresa Falco di Rossano. I Cavalieri Tommaso e Luigi, superstiti della   famiglia,  mestamente   chiudono   i rapporti con Corigliano vendendo gli immobili posseduti: a D. Luca Garetti la vigna con castagni e casina nel 1837; ad Antonio Attanasio il Palazzo in via S. Nicola nel 1838. Successivamente Santa Domenica (oggi contrada  Cananea),  fiore all'occhiello della famiglia, viene alienata a D. Carlo Maria de Gaudio, definendosi, così, un vecchio debito che i della Cananea avevano contratto nel  1802 con il U.J.D. D. Infantino de Gaudio (padre di Carlo Maria) per ducati 17.021 (intorno ai 120 milioni di oggi). La fine dei della Cananea a Corigliano è determinata massimamente dagli eventi politico-militari del 1806, i quali, se si risolvono in modo sfortunato e luttuoso, tuttavia costituiscono la più bella pagina di storia locale per cui tutta una popolazione insorge con coraggio ed eroismo per la libertà e l'indipendenza dallo straniero invasore.

 

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