Le foto presenti nell'articolo sono di Francesco Verardi

di Cristian Fiorentino

Si è tenuta nella sala degli specchi del castello coriglianese, sabato scorso 5 ottobre, la cerimonia di premiazione della settima edizione dell’autorevole premio nazionale “Aroldo Tieri”. Davanti ad un’ottima cornice di pubblico, ha avuto luogo l’atteso evento annuale annunciato e allestito dal comitato di coordinamento del presidente Ernesto Paura e dai componenti Pasquale Aversente, Gaetano Gianzi, Liliana Misurelli, Salvatore Viteritti, Giuseppe Pellegrino, Serafino Caruso e Francesco Leonino.

Manifestazione patrocinata dal comune e coadiuvata dalle associazioni “White Castle- Castello di Corigliano Calabro” e il “Circolo della Stampa Pollino-Sibaritide”.

Serata presentata dalla conduttrice Erminia Madeo mentre i saluti sono toccati al vice-sindaco e assessore alla cultura Giovanni Pistoia. Puntuale e coinvolgente il saluto del pres. del comitato di coord. E. Paura che ha ricordato anche la figura del figlio illustre di Corigliano A. Tieri. La declamazione della motivazione e l’assegnazione del riconoscimento, andato per l’anno 2024 al poliedrico attore romano Vinicio Marchioni, è spettato alla madrina indiscussa nonché apprezzatissima ospite d’onore e d’obbligo Giuliana Lojodice, moglie e partner artistica di una vita del grande A. Tieri.

L’assegnazione della raffinata targa, in cristallo e argento realizzata dal maestro orafo Gerardo Sacco, è stata preceduta da un particolare momento dove G. Lojodice ha interpretato la poesia “Se” dello scrittore inglese Joseph Rudyard Kipling consegnata al pubblico con il chiaro intento di “Insegnarci cos’è la vita e insegnarla soprattutto ai nostri figli” e affinché qualcuno, come ha rimarcato la Lojodice, lo rileggesse e lo riproponesse per i nostri e travagliati tempi moderni.

Con l’occasione ha ricordato anche l’aneddoto di quando insieme a A. Tieri hanno rispolverato la reinterpretazione dell'opera teatrale dello scrittore irlandese James Joyce titolata “Esuli”, raccogliendo un successo sul palcoscenico durato ben due anni con la buona pace dei critici più arcigni. Gradito fuori programma è stato regalato dal raffinato scultore coriglianese Carmine Cianci che ha donato un medaglione con la riproduzione del volto di Aroldo Tieri alla moglie G. Lojodice e un altro ad E. Paura con la riproduzione del proprio viso. A margine si è aggregato anche il sindaco della città Flavio Stasi per un saluto ai presenti. La serata è stata allietata dalla musica del trombettista Luca Aquino e del fisarmonicista Salvatore Cauteruccio.

Lodevole e nitida l’intervista di E. Paura all’artista V. Marchioni che ha esordito: «Sono onoratissimo e meravigliato della meraviglia di questo luogo, dall’accoglienza e soprattutto di ricevere questo prestigioso riconoscimento intitolato ad un attore che per me è stato un riferimento. Nella mia carriera, ho incrociato attori e attrici che hanno avuto la fortuna di lavorare con Aroldo Tieri, come Luca Ronconi e tutta quella generazione che con A. Tieri e la qui presente G. Lojodice hanno tirato fuori dei capolavori. Vengo dalle tavole del palcoscenico dove ho conosciuto artisti più grandi di me e soprattutto la tradizione della grande arte della recitazione. Ricevere questo premio, intestato ad un attore che ha costruito la sua incredibile carriera lavorando con i più grandi della storia del cinema italiano e internazionale, alternando teatro, cinema, radiodramma, tv ecc. ecc. attraverso la rotazione di commedie, drammi, drammaturgia, con una tecnica unica è un decoro ragguardevole. Bisogna specificare - ha evidenziato V. Marchioni- che chi come A. Tieri è riuscito ad esplicare queste arti è un grandissimo attore e lui lo è stato lo sarà sempre.

Quello che cerco di fare da oltre ventisei anni è proprio di non tradire mai la mia provenienza teatrale e l’amore per questo mestiere straordinario che affonda le proprie radici nei secoli. Ho avuto la fortuna di fare anche una discreta carriera cinematografica e mi auguro di essere abbastanza degno di questo premio e che per me sia di buon auspicio, magari arrivando a centoventisei film come A. Tieri. Grazie a tutti voi che avete scelto me per questo riconoscimento. Sono onoratissimo di ricevere il premio in questo posto e in questa provincia essendo mia madre di Torre Melissa. Sono orgogliosissimo della mia metà di sangue calabrese che è la parte che amo di più avendomi goduto mia nonna a casa da ragazzo. Oltretutto, ho imparato a parlare anche il dialetto stretto che si parla nel paese di Melissa e che in parallelo ricorda la storia di A. Tieri che G. Lojodice mi raccontava di quando il giovane Aroldo si traferì a Roma col padre Vincenzo e delle evoluzioni delle rispettive carriere di padre e figlio. Anche io vengo da una famiglia di operai ma ho avuto la fortuna di fare degli studi alti e di intersecare questo mestiere straordinario che mi ha salvato la vita. Non è retorica ma è stata ed è proprio così perché grazie alla grande arte teatrale e alle mie origini, di cui sono contentissimo, oggi posso condividere insieme a questi occhi appassionati e meravigliosi di questa terra incredibile questo grande momento.

Della Calabria nella mia vita ne ho sempre sentito parlare purtroppo per vicende bruttissime ma siccome la conosco troppo bene e so le meraviglie di questa terra e di questo popolo straordinario è veramente una gioia immensa tornare qui e sentire pronunciare la parola cultura perché questa cultura che caratterizza un popolo, deve uscire da qui e andare oltre i propri confini. Tutti devono sapere quanti siamo forti anche se fa sempre più rumore un albero che crolla che dieci che crescono. E visto che la capa tosta non ci manca- ha rimarcato V. Marchioni- come tratto distintivo, dobbiamo portare questa cultura in giro. Personalmente lo faccio sempre e ogni volta che posso ricordo le mie origini e se ho fatto questo mestiere è anche perché appartengo orgogliosamente al territorio calabrese. Quando entro in teatro mi sento a casa e sto molto meglio, il cuore si rilassa, il mio respiro funziona meglio e penso sia meraviglioso ricreare una realtà verosimile della vita quotidiana su un palcoscenico. È magnifico fungere da strumento ad un pubblico per poter far sì che lo stesso si riconosca, si faccia delle domande, attraverso di noi attori, e gli vengano rilevate cose sottotraccia. La vera arte del teatro è questo mentre il cinema è un’altra tecnica, un altro mezzo espressivo dove si recita davanti a tanta gente in mezzo alla confusione dividendo la verità in piccole porzioni. Alla fine, però, facciamo tutti lo stesso mestiere rinvigorendo il mito della “Caverna di Platone” in cui gli esseri umani hanno la necessità di vedere delle ombre per conoscere sé stessi attraverso noi che facciamo questa professione. Il teatro è un sogno grande dove sto molto meglio. Dirlo oggi ha un valore aggiuntivo perché A. Tieri e G. Lojodice e altri hanno fatto parte di un mondo in cui la grandezza e questo mestiere erano una cosa seria. Se durante un’intervista questi attori dicevano mezza parola l’Italia si fermava perché stavano parlando gli artisti. Purtroppo, negli ultimi vent’anni la narrazione intorno al mondo degli artisti è completamente discesa e mi auguro che io, le mie colleghe e colleghi che cerchiamo di fare questo mestiere con la stessa passione, professionalità e amore di queste persone che hanno dedicato una vita intera a questo mestiere, vedremo un pochino risollevato le sorti degli artisti. Non sono abbastanza bravo- ha proseguito V. Marchioni- di poter lavorare con tutti quanti e ho sempre scelto i ruoli in virtù delle cose che mi facessero crescere come artista e come essere umano. Questo è un mestiere in cui non si possono scindere le due cose e ho sempre trovato dei grandi maestri che mi hanno insegnato la tecnica, la vocalità, l’approccio, l’umanità a volte scontrosa, spigolosa e difficile. Ho sempre scelto perché non si finisce mai di imparare e di crescere facendo il mestiere più bello del mondo perché si ha la possibilità di indagare sempre l’essere umano. Per farlo però bisogna essere più onesti possibili. La mia identità, invece, la trovo studiando e chiedendomi chi è il personaggio che dovrò impersonare e perché fa quelle azioni, dalle più meravigliose alle più orribili, e noto le differenze tra lui e me. Attraverso i vari personaggi, specie quelli teatrali lavorando con i propositi migliori, scopro delle cose su di me e cerco di migliorarmi. Oggi, mi appassiona molto l’insegnamento con degli allievi attori e attrici all’“Accademia di Arte Drammatica” a Roma e alla “Pergola” di Firenze. Penso sia straordinario vedere e capire se un esercizio che pensavo fosse giusto funziona o meno. E un po' come mettere in discussione quello che hai imparato e scorgi davanti a te tantissimo talento» Curioso e simpatico siparietto alla domanda quale sarebbe stata la sua ambizione se non avesse fatto l’attore, con la risposta secca e perentoria di V. Marchioni: «Volevo fare solo l’attore anche se ho imparato a fare altri mestieri e vengo da una famiglia di operai». Sul particolare anno ricco di premi l’attore ha affermato scherzando: «Posso anche smettere dopo quest’anno fortunato. Quest’anno è stato fortunatissimo perché ho lavorato anche con Paola Cortellesi che è una grandissima regista e attrice ed è ora che il cinema dia lo spazio che meriti alle registe perché mettersi nelle mani della sensibilità, lo sguardo, la maestria, la poliedricità di una donna è tutto un altro mondo rispetto ad un uomo. Ogni premio che ho ricevuto quest’anno è un premio che dovrebbe ritirare lei perché quando si lavora con quelli più bravi è più facile perché scrivono sceneggiature meravigliose con dei temi come quelli di cui parla il film di Paola. È stato un anno felice e cospicuo di riconoscimenti arrivati alla soglia dei cinquant’anni dove mi sono reso conto di essere uno strumento, una canna in mano a qualcun’ altro come tutti i temi di cui parlano i miei film, spettacoli o il mio romanzo. È straordinario scoprire che questi motivi arrivano attraverso te e non grazie a te e di questo ne sono felicissimo ed è un grande insegnamento per me. Questo, tuttavia, è il mestiere anche dei paradossi perché per arrivare ad essere ammirati anche noi siamo degli operai che provano e riprovano nelle sale di registrazioni, con sacrifici e certe volte anche frustrazioni. Ma questa la gente non lo deve sapere perché fa parte di un grande mistero e arcano perché è come per i prestigiatori dove il trucco c’è ma non si vede. Personalmente sono legato moltissimo al personaggio di “20 sigarette”, la storia di strage di Nassiriya film che mi ha dato la patente cinematografica e fatto conoscere all’ambiente mentre “Romanzo Criminale” mi ha fatto arrivare al grande pubblico, una sorta di assicurazioni sulla vita. E ancora Paolo Florio dei “Leoni di Sicilia” perché, dopo un film a Reggio Calabria, sono riuscito a recitare in dialetto calabrese nonostante vari ostacoli della produzione. Nel mio libro, invece, c’è lo spunto autobiografico sulla perdita di mio Papà ma, detestando l’autonarrazione, mi serviva una maschera e una struttura narrativa di finzione per parlare del grande distacco. Ho iniziato il 1991 in cui ci stava un Italia diversa fatta di tutte le strade, le periferie, l’omosessualità, la prostituta, il picchiatello o tutti quei personaggi che fanno parte del nostro dna. La mia “Terra Grassa”. Le radici e le tradizioni sono fondamentali anche per gestire il successo: ad esempio l’onda alta arrivata dopo “Romanzo Criminale” può portarti via se non sai amministrare la popolarità. È facile montarsi la testa e perdere di vista il cuore del tuo lavoro. Ma se sono ancora qui dopo 16 anni e ho fatto altre cose lo devo alle mie radici che oggi voglio ringraziare e anche per spiegare ai miei figli che il mondo non è sempre stato come quello di oggi. C’è stato anche un c’era una volta, tipo come se si raccontassero delle storie davanti al caminetto. Non sarei mai riuscito e non avrei mai fatto niente di importante nella mia carriera e vita senza la struttura e la cultura dei grandi personaggi drammaturghi». V. Marchioni si è soffermato anche su peculiari temi inerenti alla quotidianità puntualizzando: «Come uomo oggi dobbiamo farci tante domande perché non posso sopportare che un altro genere maschile uccida con una certa frequenza una donna. Non se ne parla mai abbastanza e soprattutto si parla di sorellanza ma mai di fratellanza. Noi maschietti dovremmo raccontarci le nostre mancanze, debolezze, crisi, solitudini, defaiance, stanchezze e invece rimaniamo tutti di un pezzo. Dobbiamo decidere e parlare e capire cosa vogliamo insegnare domani ai nostri figli perché siamo ad un punto fondamentale e ad uno snodo tra maschilismo, patriarcato ed evoluzione. Le donne è tempo che si riprendano quello che le è stato taciuto nella storia: messe da parte in un mondo governato dagli uomini mentre lo stato dei fatti è sotto gli occhi di tutti. Noi maschietti, invece, dovremmo dircele alcune cose perché poi facciamo cose orribili e sbagliate». Su sé stesso, invece, ha aggiunto: «Non so come mi devano gli altri, cerco di confondere le acque un po', ma non lavoro per l’approvazione. Attraverso la solitudine dell’esperienza dello scrittore ho capito che bisogna lavorare con tutto te stesso solo per l’amore di questo lavoro. Questo è già il risultato migliore per me e per il pubblico che apprezza l’onestà. Ho dei miei sogni nel cassetto come i ragazzini e vorrei scrivere ancora. C’è in programma uno spettacolo grande per il prossimo anno e un film che sto girando in questa terra. Il sogno è di fare questo mestiere e poi continuare a fare cose che mi facciano crescere, incontrare gente bella come oggi altrimenti si invecchia male. Bisogna far ragionare la capoccetta e tenere gli occhi al cielo verso le utopie e i sogni cercando qualcosa da inseguire con quell’amore come se fossi sempre un ventenne. In questo mi è da supporto la storia perché lo ripeto io ho visto i film di A. Tieri li ho visti e sono cresciuto vedendo i A. Tieri vicino a Totò, Walter Chiari, nelle trasmissioni televisive ecc. . Al centro distribuzioni di Santa Cristina c’è una videoteca straordinaria e tra i vari vhs c’è un “Berretto a Sonagli” ad esempio. A. Tieri è un esempio, senza retorica, per ogni giovane attore che inizia a fare questo mestiere e lo sarà per sempre non solo per l’artista che è stato ma per l’uomo che è stato».

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