Il 4 luglio di 15 anni fa (correva l’anno 2009), ad 82 anni, terminava la propria presenza terrena Giuseppe Franze. Franzé, coriglianese di adozione, era nato il 19 giugno del 1927 nel centro reggino di Maropati.

Dal sito del caro amico, Giovanni Scorzafave, www.coriglianocal.it riprendo le informazioni che riporto qui di seguito: “Fu un bravissimo insegnante di scuola elementare negli anni ’50 e ’60. Ben preparato, esercitò con passione l’attività di insegnamento, distinguendosi per i suoi metodi innovativi nel campo educativo-didattico. Persona seria e, soprattutto, onesta, partecipò attivamente alla vita politica della nostra città nelle fila del Partito Socialista Italiano”. Ed è anche per tutto ciò che Giovanni Scorzafave nel suo sito gli ha dedicato una pagina “come segno di riconoscenza e di stima”. Negli anni 2004 e 2005 il prof. Franzè, al quale mi legava una profonda amicizia, pubblicò, per il mio tramite su “Il Quotidiano della Calabria” alcuni racconti nell’ambito della rubrica “l’angolo della memoria”. Racconti ricchi di particolari che offrono uno spaccato molto interessante della Corigliano di un tempo, di quella Corigliano, tanto per intenderci, che non c’è più. A distanza di quasi vent’anni, riteniamo, più che giusto, riproporre a coloro che visitano il nostro blog questi racconti.

IL PONTE CANALE

Dopo avere individuato una ricca sorgente di acqua potabile, anche con il concorso del Poverello di Padova, si pensò ad un ponte per raccordare, sull’antica via delle Furche (poi via Nova e via Roma), i due Cozzi del Vernuccio e della Cittadella, con spese a carico della civica Università locale, al fine di potere garantire un adeguato approvvigionamento idrico ai quartieri del Serratore, della Giudecca, dei Vasci, della Portella e del Castelluccio. I lavori iniziati attorno al 1482 furono interrotti quando fu imprigionato, il Principe Girolamo Sanseverino con l’accusa di essere uno dei maggiori sostenitori della congiura dei baroni contro il re aragonese di Napoli. I lavori sarebbero ripresi nel 1487 per decisione del neo governatore aragonese di Corigliano, Giovanni Nuclerio, che, per la realizzazione di tale ardita opera, reclutò numerosi carpentieri della Giudecca locale ed impose alla Università l’applicazione di una nuova tassazione, che colpì pesantemente anzitutto gli ebrei coriglianesi. Il ponte, dopo alcuni decenni di lavori intermittenti, nonostante i finanziamenti ottenuti per l’intercessione del coriglianese Joanne Antonio, autorevole amministratore della Contea, fu completato con cinque archi maggiori alla base e sette archetti superiori, sulla cui sommità furono installati i tubi in terracotta per l’attraversamento dell’acqua potabile. Ammirato e disegnato dai numerosi viaggiatori europei giunti in città, nel 1854, con progetto dell’architetto Bartholini, fu parzialmente ristrutturato e la sommità fu trasformata in corsia pedonale con la sistemazione dei tubi dell’acquedotto ai fianchi esterni dei parapetti. Nel 1889, la giunta comunale, presieduta dal sindaco Pasquale Garetti, preoccupata per alcuni piccoli cedimenti del ponte, aveva deliberato di conferire un incarico per la progettazione di supporti protettivi nella parte basale, ma la delibera non giunse mai in consiglio, a causa dell'epidemica carenza finanziaria del bilancio comunale. Nel 1891, quando il principe di Piemonte, Vittorio Emanuele, scendendo per via Roma, diretto al Convitto Garopoli, si fermò a lungo per ammirare il ponte ed avendo saputo dal suo accompagnatore, il Senatore Francesco Compagna, delle difficoltà finanziarie del comune per interventi restaurativi, esclamò “peccato” e riprese la strada verso Sant’Antonio.

GIUSEPPE FRANZE’

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