Pasolini era stato tra i pochi poeti che fin dal 1959 avevano opposto un netto rifiuto a firmare un appello ideato dai famosi ”premio Nobel” Ernest Hemingway e Tomas Eliot, mirato a liberare Ezra Pound, il più grande poeta americano di tutti i tempi, dall’ospedale psichiatrico criminale di “St. Elizabeth”, in cui era recluso da 11 anni, da quando la richiesta di condanna a morte per alto tradimento, collaborazionismo e propaganda antiamericana e fascista era stata convertita, con un escamotage, in  perizia e  certificazione psichiatrica che lo dichiarava pazzo e, pertanto, pericoloso (Negli Stati Uniti, paese in cui per Costituzione esiste la  “Libertà di Parola” non sono punibili i “reati d’opinione” che, pertanto, rientrano nella sfera delle libertà, anche se inneggianti a regimi antidemocratici come il fascismo.

 Il meglio della cultura mondiale, a cominciare dai “Nobel” comunisti Ernest Hemingway e Salvatore Quasimodo, dai Nobel Thomas Eliot ed Eugenio Montale, nonchè da letterati comunisti amici di Pasolini, come Elio Vittorini, Vittorio Sereni, Alberto Moravia, Attilio Bertolucci, con tanti altri avevano firmato un APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI POUND.  PASOLINI NO !  Si tenne fermamente fedele alla linea ufficiale del PCI che imponeva, per motivazioni ideologiche, L’OSTRACISMO DEL PIÙ GRANDE POETA AMERICANO DI TUTTI I TEMPI. Ma Pasolini non finisce mai di stupirci. Il 26 ottobre del 1967, a Venezia, mette in scena  una cerimonia di amicizia col grande poeta che si apre con la lettura di una sua poesia  tratta dai PISAN CANTOS, inizialmente dedicata a Walt Withman, di fronte al poeta che assiste silenzioso a questo gesto di riconoscimento del valore del suo pensiero. Ancora una volta si ripeteva il rito delle sue contraddizioni, stavolta in contrasto con le direttive del partito comunista italiano, effettuando lo SDOGANAMENTO UFFICIALE, NELLA CULTURA EUROPEA DOMINATA DALLA SINISTRA, DI UN VATE UNIVERSALE. In tono sommesso, dimesso, commosso, Pasolini, consapevole della grandiosità di  quei versi di struggente liricità cominciò a leggere, di fronte al taciturno Ezra Pound : “Quello che veramente ami rimane   il resto è scorie   Quello che veramente ami non ti sarà strappato    Quello che veramente ami è la tua vera eredità    Il mondo a chi appartiene, a me, a loro   o a nessuno … “ La suggestività di quell’atmosfera lirica, di cui fu consapevole artefice e inconsapevole mezzo di divulgazione, ancora una volta testimoniava l’ineluttabilità delle sue stridenti contraddizioni.

Guido Pasolini, nome di battaglia “Ermes”

Il 12 febbraio 1945 Guidalberto Pasolini, detto Guido, fratello minore di Pier Paolo, combattente nelle file partigiane non comuniste della “OSOPPO”, cadde assassinato nell’eccidio di MALGA PORZUS, perché rifiutò di ubbidire agli ordini di Mario Toffanin, detto Giacca, comandante comunista della ”GARIBALDI”, che intimava ai partigiani  della  “Osoppo” di mettersi agli ordini dei partigiani di Tito. E Pier Paolo, fedele alle sue stridenti contraddizioni, così rievoca il misfatto: “Vi fu un lungo soggiorno in Friuli, durante la guerra, dove andammo sfollati per evitare I bombardamenti di Bologna (mio fratello morì in Carnia combattendo con i partigiani)”. CON I PARTIGIANI, dice Pier Paolo, ipocritamente, senza minimamente accennare al fatto che morì per mano partigiana. E, paradossalmente, fu quello il periodo in cui Pasolini rafforzò le sue convinzioni comuniste e le sue … CONTRADDIZIONI. Ma Pier Paolo non viveva solo di contraddizioni, era anche vittima consapevole del suo “vizietto” che aveva molto a che vedere con la pedofilia. Il 29 agosto del 1949, ad una sagra vicino a Casarsa della Delizia, dove viveva in quel periodo, lavorando come insegnante, avvicinò un ragazzo di quindici anni e tre cugini, due di sedici ed uno di quindici. Offrì loro dei dolci invitandoli ad accompagnarlo nel prato vicino per mangiare dell’uva. Lì Pasolini cominciò a baciare uno dei ragazzi mettendogli la lingua in bocca e palpandogli le carni fino a lussuria soddisfatta, pagando poi al ragazzo 10 lire. Il fatto, raccontato dagli stessi ragazzi, si venne a sapere e ne conseguì una vicenda giudiziaria che gli causò la radiazione dall’insegnamento e il pagamento di 100.000 lire dell’epoca per mettere a tacere le famiglie di quei minori. Ma ciò che più gli pesò fu l’espulsione dal partito comunista a cui era fedelmente iscritto sin dal dopoguerra. Per lui, che della militanza comunista aveva fatto una ragione di vita, fu la ferita più dolorosa, e ciononostante, continuò, fedele alle sue CONTRADDIZIONI, ad essere e a comportarsi da comunista, incapace di riconoscersi partner di un amore non corrisposto. In una lettera di rammarico a un suo amico, Pasolini scrisse: «malgrado l’immeritata espulsione, resto e resterò comunista, nel senso più autentico di questa parola». Dovette abbandonare nottetempo Casarsa trasferendosi con la madre a Roma. E Roma, al contrario di Casarsa, consentiva prede più facili tra i ragazzi di vita.

E basta guardarli per rendersi conto di quale squallore culturale erano colme le sue giornate, le sue notti, i suoi amori e, lasciatemelo dire, i suoi dialoghi con intellettuali siffatti. Ma era insaziabile e, oltre ai rapporti fissi e continuativi, come quello col “prediletto ” Ninetto Davoli  al quale consentiva atteggiamenti da pari a pari, sempre nel clima delle sue ormai perniciose  CONTRADDIZIONI,

Non smetteva mai di attivare la sua ricerca di “carne fresca” a basso costo, oltre che nei quartieri della suburra romana, dovunque ci fossero adolescenti preferibilmente squattrinati, magari promettendo carriere cinematografiche.

Il suo era un “gioco”, come ha testimoniato il più illustre dei suoi fidanzati, ALBERTO MORAVIA. << Negli alberghi africani aveva la fila davanti alla sua porta ed erano tutti giovani aitanti che, a volte, sbagliavano indirizzo e bussavano ad un’altra porta. Non si spiegava perché doveva sfinirsi fino allo svenimento, accettando l’amore a pagamento anche di cinquanta ragazzi a notte>> Ma non ha mai disdegnato l’amore mercenario, con gaglioffi della peggiore risma, raccattati nei posti frequentati da squallidi prostituti, dietro compensi adeguati, come con Giuseppe Pelosi, quel diciassettenne incolto e pervertito, prima portato a sfamarsi in una trattoria e poi a soddisfare i suoi pruriti sul litorale di Ostia.

E fu su quel litorale che, per disaccordi su metodologie sessuali, trovò la morte con deformazioni che mettono in evidenza le truci CONTRADDIZIONI tra la vita e la morte.

A Roma, diventato ormai famoso, il Partito Comunista lo riammise rinnovandogli la tessera, ma Berlinguer si rifiutò, sdegnosamente, sempre, di stringergli la mano. A stento, “obtorto collo”, sfilò intorno alla sua bara.

Nonostante le sue stravaganti pulsioni sessuali spinte al limite della violenza erotica che, spesso, caratterizza i rapporti omo, e nonostante le sue palesi contraddizioni che lo indussero sempre a dire e a contraddire sé stesso, resta comunque un caposaldo nella cultura italiana per quanto ha scritto e per quanto ha rappresentato nell’arte cinematografica. I soli danni inconsapevolmente da lui provocati sono l’uso che della sua immagine ha fatto tutta l’INTELLIGHENZIA DI SINISTRA. Il suo ex amante Alberto Moravia, subito dopo il brutale assassinio, ebbe a dichiarare: “In Italia possono succedere certi delitti perché non si coltiva la SACRALITÀ DELL’INTELLETTUALE “Cioè, l’italiano non ha rispetto per l’intellettuale che, appunto perché intellettuale, è intoccabile e, quindi, non gli si deve arrecare alcun danno e, men che meno, la morte. Peccato che il comunista MORAVIA non abbia, con altrettanta prosopopea, espresso il suo rabbioso sdegno per l’assassinio di uno dei più grandi filosofi del novecento. Si chiamava GIOVANNI GENTILE. Ma Gentile non era comunista, addirittura morì per mano di un partigiano comunista. E la sacralità? Beh, quella vale soltanto per gli intellettuali che sono schierati a sinistra. Agli altri “je potete fa’ tutto” come prescriveva la messa alla berlina di Rugantino quando fu esposto alla berlina per la gioia della plebaglia romana.

Ernesto SCURA

 

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