di Giacinto De Pasquale

 Per chi mi conosce sa che cerco di rifuggire, il più delle volte, dallo scrivere di fatti o notizie personali privilegiando soprattutto la notizia nel massimo rispetto dei lettori di questo blog. Però alcune volte non ne posso fare a meno, come in questa circostanza, di scrivere di un amico, ma vero, sincero, professionale ricco di tanta umanità e socialità.

Mi riferisco a Ernesto Paura, decano dei giornalisti calabresi e coriglianesi, verso il quale, lo confesso, ho un grosso debito: quello di non aver scritto qualcosa sul volume “Un giornalista di lungo corso”(Editrice Aurora) distribuito più di un anno fa. Eppure il caro Ernesto lo scorso mese di gennaio mi raggiunse telefonicamente “pretendendo” d’incontrarci perché voleva farmi omaggio di questo importante e interessante volume che è, come è scritto sulla copertina “Breve profilo biografico di Ernesto Paura, tra i decani della categoria in Calabria”. Ernesto da oltre 50 anni è iscritto nell’Albo dei giornalisti calabresi, da oltre 65 anni è corrispondente del quotidiano “Gazzetta del Sud” per il quale scrive tutt’ora. Mi sembra riduttivo tracciare qui il curriculum di questo uomo, padre di famiglia, amico, giornalista e pittore. E’ stato Ernesto a introdurmi nel mondo della carta stampata facendomi collaborare come cronista sportivo su Gazzetta del Sud. Tanti i ricordi, gli aneddoti che mi legano a lui, ecco perché oggi sento il dovere morale di scrivere qualcosa sul libro che lo riguarda. Nelle oltre 200 pagine del volume si respira il piombo della tipografia quando il giornale veniva “composto” parola per parola, oppure il caldo piombo della linotype. Cioè i rudimenti di quel giornalismo di una volta, di quello autorevole, puntuale e rispettoso del lettore, cioè il contrario di quello attuale dove prima viene il giornalista e poi la notizia. Ernesto ha scoperto la passione dello scrivere attraverso i giornali, e il giornalismo, come mi confessava qualche anno fa, è sempre stato un sogno più che un progetto. Ernesto  aveva questa passione, ma non sapeva assolutamente se ce l’avrebbe mai fatta a intraprenderla. La passione, il garbo, la puntualità e la dovizia di particolari nelle notizie che scriveva per i suoi lettori, sono doti queste che abbiamo apprezzato anche durante la grande esperienza di TeleRossano, una delle iniziative editoriali televisive più importanti nella storia del giornalismo italiano e calabrese. 65 anni vissuti tutti di un fiato che Ernesto Paura fa rivivere nelle pagine di questo tributo. Leggendo il volume mi sono tornati alla mente tanti ricordi, ma anche personaggi coriglianesi di un certo valore come Renzo Graziani noto studioso e cultore di storia locale. Ritengo che la lettera scritta da Graziani a Paura nel Natale del 1990 condensi la professionalità, la puntualità, la dedizione di Ernesto nei confronti della professione giornalistica ma anche della pittura.

Ecco cosa scrive, tra l’altro, lo studioso Renzo Graziani: “La linearità della tua prosa,  la chiarezza del tuo stile, i concetti espressi con tanta lucidità, hanno sempre attratta la mia attenzione, così come fu calamitata dall’equilibrio cromatico della tua pittura. Devo, con tanta sincerità, rendertene atto: con saggia ponderatezza hai sempre saputo adoperare con maestria sia la penna che la tavolozza. Questa testimonianza ti viene offerta con questo lavoro, in una forma inconsueta forse, ma più vera alle mie esigenze di modesto osservatore e lo faccio in nome di una cara amicizia che fu sempre scevra di qualsiasi forma di infingimento. Se questo modesto riconoscimento ti darà novella lena per continuare sulla via intrapresa, se ti darà maggiore forza a persistere, ad operare con la rettitudine della tua coscienza e con l’equilibrio della tua mente, lo spirito della nostra cara amicizia sarà pienamente appagato”. Il giornalista ai tempi di internet, come ho avuto modo di parlarne non molto tempo fa con Ernesto Paura, fa letteralmente a pugni con quello che Ernesto ha proposto ai suoi lettori, perché il giornalista della carta stampata non è un protagonista,  forse lo sono i giornalisti televisivi. Ma il giornalista della carta stampata non si deve vedere, lui ci mette la responsabilità della firma, il suo è un concorso di responsabilità, e l’unico protagonismo che ha è quello della responsabilità. Il giornalista è un testimone. E se è bravo e fortunato, sa come trovarsi là dove avvengono i fatti, in nome e per conto del lettore. Ha una posizione, un angolo di visuale privilegiato, ma è lì per arrivare alla conoscenza profonda dei fenomeni. È lì per fare un’operazione meravigliosa, e cioè ricostruire la ricchezza, la complessità di quello che ha visto e incontrato. E quando riesce in questa operazione fa un servizio incommensurabile al lettore, perché lo porta dentro le conoscenze. Noi non facciamo solo informazione, perché l’informazione è una commodity, visto che ormai si può trovare e prendere ovunque. Il giornalista opera un disvelamento della conoscenza, aiuta a entrare dentro la conoscenza dei fatti. E questa è la ragione morale e civile del nostro mestiere. Con internet è finito ciò che doveva finire ed era durato anche troppo: il pulpito, la comunicazione dall’alto verso il basso. La voce del giornalista non è più la voce che dice come bisogna raccontare le cose, ma una voce orizzontale fra le tante. Però il giornalista ha la possibilità di dire e dare al lettore qualcosa di più: connettere fra loro i fatti, inserirli in una prospettiva storica, e poi assumersi anche la responsabilità, dopo aver dato le opinioni delle parti, di dire come lui la pensa. Non è l’esercizio di un diritto ma l’esercizio di un dovere, e non perché il giornale debba convertire, il giornale non è né un prete né un partito, ma semplicemente perché il giornale dà assieme alle conoscenze anche il suo punto di vista, che nasce dalla sua storia ed è interpretato dall’identità culturale e soggettiva di chi scrive. Tutto ciò perché alla fine del percorso il lettore possa formarsi una propria e libera opinione. Se questa operazione riesce, è qualcosa che vale infinitamente più del prezzo di un giornale. Caro Ernesto credo di averla fatta un po’ lunga, ma d’altronde parlare di te è parlare di giornalismo, di quel mondo che ci accomuna, anche se tu rispetto a me hai fatto molta più strada. Io ti auguro di percorrere ancora tanta strada qui con me e con tutti quelli che ti vogliono bene, perché questo libro, di questo ne sono convinto, ha dato e darà modo soprattutto alle giovani generazioni di comprendere quali sono i reali valori della corretta informazione. Prima viene la notizia e il rispetto verso i lettori, poi viene il resto. Chi ancora non lo ha fatto legga il libro “Un giornalista di lungo corso” perché contribuisce a dare l’esatta dimensione di chi eravamo, cosa ci aspettavamo e cosa ancora ci aspettiamo noi coriglianesi e calabresi. Caro Ernesto chiedendoti ancora scusa per questo ingiustificato ritardo, ti saluto con l’affetto e la stima di sempre. Lunga vita a te caro amico mio.

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