di Salvatore Martino

Se, nell'inquietudine di questo tempo, in cui l’uomo fa sempre più fatica a riconoscersi umano, la Chiesa provasse ad avere più coraggio a mostrare se stessa e il suo Vangelo, se tornasse ad imitare i santi, se fosse meno attratta dal dubbio fascino di questo mondo, se usasse meno attori improvvisati, meno comparse e più testimoni, se fosse meno organizzata, meno efficiente, più spontanea, più fragile, e più vicina ai poveri.

Se si fidasse meno delle parate, se avesse meno fans, meno follower e più fedeli, se scegliesse di tornare nelle strettoie anguste della storia e percorrere le piste assolate, se decidesse di attraversare la porta piccola. Se stesse più dentro al cuore delle persone, se si affidasse di più al mistero dello Spirito e meno alle tecniche seducenti della comunicazione. Se stesse più in ginocchio in questi giorni di passione, se respirasse, come ama dire Papa Francesco, come fa il pastore, la puzza delle pecore. Se decidesse di tornare ad essere quell’ancora di salvezza di cui il mondo ha bisogno, forse il mistero della passione di Cristo, che è incomprensibile a questo mondo così pieno di sé e suggestionato da prospettive che potrebbero non disegnare un futuro edificante, riacquisterebbe la sua chiave interpretativa, l’umanità riguadagnerebbe la speranza e tornerebbe a camminare, anche se con fatica, ma col cuore aperto, verso quei cieli nuovi e quelle terre nuove che indica il Risorto.

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