Fonte: La Redazione
Riformata la sentenza di primo grado nei confronti del trentaduenne coriglianese S.D. , a stabilirlo sono stati i giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro che hanno accolto in pieno l’atto d’impugnazione in grado di appello proposto dal difensore dell’imputato l’Avvocato Giuseppe Vena.
Nel particolare dei fatti l’uomo era stato tratto a giudizio per una vicenda antigiuridica che lo vedeva imputato di due reati, furto aggravato e rapina aggravata in concorso di persone, episodio contestato nel comune di Corigliano-Rossano, area urbana ex Corigliano Scalo. Secondo il capo d’accusa , l’uomo al fine di trarne un ingiusto profitto , approfittando della condizione di minorata difesa in cui versava la persona offesa , sola , in tempo di notte ed all’interno della stazione ferroviaria di Corigliano Calabro, dopo averlo distratto chiedendogli una sigaretta , s’impossessava di alcuni effetti personali, sottraendoli dall’interno del borsone da viaggio; inoltre, ritornava , dalla persona offesa, dopo mezz’ora e la iniziava a colpire con calci e pugni al volto ed ai fianchi , per farsi consegnare eventuale denaro posseduto indosso, compiendo atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsene, non riuscendoci nell’intento per la resistenza opposta dalla vittima e per il successivo intervento di una pattuglia dei carabinieri. Per i fatti citati l’uomo veniva ad essere tratto a giudizio presso il Tribunale di Castrovillari dove in primo grado veniva ad essere condannato alla pena di anni 3 e mesi quattro di reclusione poiché ritenuto pienamente colpevole. Avverso tale provvedimento l’uomo si rivolgeva all’avvocato penalista Giuseppe Vena il quale redigeva un corposo atto d’impugnazione in grado d’appello ove ripercorrendo tutti i momenti della vicenda , dandone una lettura differente, spiegava ai giudici di Catanzaro come era caduto in errore il giudizio di primo grado , lumeggiando particolari della vicenda da cui si desumeva la carenza e contraddittorietà della prova , che facevano ritenere non credibili la persona offesa, nonchè trattava la fattispecie in punto di diritto , citando massime giurisprudenziali della Suprema Corte di Cassazione, per casistiche analoghe , che ne escludevano alcune aggravanti contestate e rilevando quindi che non poteva essere confermato il giudizio anche in secondo grado pure per il tempo decorso. I giudici del collegio catanzarese della Corte d’Appello , accogliendo la linea difensiva, in totale riforma della sentenza di primo grado annullavano la condanna di oltre tre anni di reclusione, liberando l’uomo da ogni accusa.