di Francesco Caputo
Chi scrive ha vissuto un pezzo importante di strada insieme al carissimo don Flaminio, chi scrive potrebbe raccontare tanti ricordi, episodi, momenti di vita. Chi scrive vi lascia con le parole di un sacerdote, don Luigi Maria Epicoco, sui sacerdoti. Chi scrive, ricorda, pensa, ringrazia. Ciao don Flamì… (francesco caputo)
La gente pensa che fare il prete sia un mestiere. Uno che magari si sveglia la mattina ed è convinto di poter mettere su una bancarella per vendere parole, benedizioni, e santini. Uno pensa che basta mettersi una tonaca e la magia è fatta. Ma la tonaca non funziona se sotto non c’è un uomo, un uomo che sa che è il più miserabile di tutti, eppure è stato scelto. È difficile accettare il peso di quella tonaca che oggi appare più inzozzata dal tradimento di chi avrebbe dovuto amare e invece se n’è solo servito. Ma poco importa, bisogna caricarsi anche sulle spalle l’infamia degli altri. Non si diventa preti per essere benvisti. Si diventa preti per essere servi inutili, Servi gratuiti. L’amore salva solo se è gratuito. È questo lo scopo di ogni vero amore: amare senza contraccambio. Amare a fondo perduto. Amare e basta. Chi ti ama non ti dice che non soffrirai mai, che non sbaglierai mai, che non avrai mai paura, ma ti dice che tu puoi vivere tutto, accettare tutto, affrontare tutto. E te lo dice perché è con te. Fare il prete non è un mestiere, è un modo inutile di amare. Inutile come ogni amore. Inutile come l’aria.