di Cristian Fiorentino
Nonostante qualche acciacco e avversità, Don Santino Borrelli ha completato il suo percorso a piedi da Donnici a Medjugorje. L’ormai noto sacerdote cosentino, ribattezzato "Pellegrino della Pace", al motto slavo “Da, Da Mir” (Sii tu Pace) ha camminato, dal 31 luglio scorso, per un dispendioso tragitto percorrendo ben 800 chilometri.
Tragitto che si è concluso sul colle delle apparizioni e ai piedi della “Madonna”, nella piccola cittadina della Bosnia-Erzegovina, lo scorso 23 agosto. Il parroco della parrocchia “San Michele Arcangelo” di Donnici, già conosciuto per le altre lunghissime escursioni negli anni scorsi, questa volta si è imbattuto in un percorso inesistente e creato ad hoc per l’occasione. Nel tratto italiano, accompagnato in alcuni periodi prima da Mario e poi dai coniugi Stella e Cristian, ha percorso le zone comprese tra Calabria, Basilicata e Puglia raggiungendo a piedi Bari.
Distanza in cui ha trovato le maggiori avversità causa un fastidioso problema di vesciche ai piedi tanto, dopo l’arrivo a Matera, da mettere in dubbio l’intera trasferta. Dopo l’incontro con il vescovo metropolita di Bari-Bitonto, Monsignor Giuseppe Satriano, e un paio di giorni di cure e riposo, lo stesso Don S. Borrelli ha potuto riprendere la sua missione. Da precisare che Don S. Borrelli e Monsignor Satriano si conoscevano dai tempi in cui Satriano era stato vescovo della diocesi di Rossano-Cariati dal 2014 al 2020. Lo stesso Vescovo di Bari ha prestato le dovute cure e ospitato in cattedrale il parroco roglianese che ha avuto modo di ringraziare il Santo Patrono pugliese e a cui è molto legato essendo stata la prima parrocchia della sua esistenza. Scortato al porto barese, sempre da un emissario del Vescovo, il buon Don Santino è sbarcato in Croazia, per proseguire le tappe e toccando regioni segnate duramente dalla guerra nei Balcani, per giungere poi a destinazione. «In ogni tragitto che si affronta- ha esordito Don S. Borrelli- si cammina col cuore e la mente oltre che con le gambe.
Nonostante qualche acciacco fisico proprio ai piedi, il desiderio di arrivare alla fine del percorso e a Medjugorje è stato forte. Dopo il tratto del sud Italia, per cui voglio ringraziare i miei assistenti Mario, Stella e Cristian, da Bari sono approdato a Dubrovnik e mi sono incamminato per toccare prima Sarajevo e poi Monstar per poi arrivare a Medjugorje. L’obiettivo di questo cammino è stato raggiungere il cuore di chi è inquieto e di chi non è nella pace: un cammino di Fede per la Pace. Camminare in Bosnia è stato un viaggio che mi ha portato a rivivere la guerra degli anni ’90. Conflitto che ha creato tanto dolore e sofferenza causando più di duecentomila morti in un contesto veramente assurdo dove si sono uccisi tra vicini di casa in modo barbaro. Ripercorrere quelle strade ha avuto un valore di testimonianza e di creare un’opportunità anche di riflessione per aiutare le persone, forse in maniera inadeguata e povera, a meditare sulla dote della Pace. Pace intesa come tranquillità dell’anima e Pace del cuore che in pratica si traduce nel non avere conflitti e non creare le guerre. In Bosnia – Erzegovina non c’è una pacificazione completa, seppur sono passati trent'anni dalla fine del conflitto, ma ancora divisioni e problematiche persistono.
È una nazione bellissima che si sta emancipando e che, insieme al mio accompagnatore Vincenzo, abbiamo imparato a conoscere. Da da Mir, Sii tu Pace, è il motto che mi e ci ha accompagnato in questi tanti chilometri e che richiama il Sì di Maria che accettando l’annuncio del Signore, si mette subito in viaggio tra le montagne per condividere l’esperienza di Dio con sua cugina Elisabetta». Don S. Borrelli, inoltre, ha al suo attivo diversi cammini di “Fede”: il “Cammino di Santiago” effettuato da più vie, la "Pietrelcina-San Giovanni Rotondo- Monte Sant’Angelo”, in Terra Santa da “Akko a Gerusalemme”, la Vibo-Paravati-Tropea e lo scorso anno ha affrontato la marcia della Pace tra Ucraina e Polonia passando per Cracovia, i luoghi dedicati alla “Divina Misericordia” e a “San Giovanni Paolo II”, e “Auschwitz”. «La Pace- prosegue Don S. Borrelli- si costruisce perché se sei in pace, fai pace e diffondi la pace. La Pace non è qualcosa che viene da fuori ma nasce da noi stessi. Lo scorso anno, nel cammino a piedi da Leopoli a Czestochowa, ho avuto anche modo per cento chilometri di vivere lo scenario ucraino per dimostrare la vicinanza alla gente di una terra percorsa dall’attuale guerra. Le persone in quella circostanza ci hanno accolto nelle loro case in maniera straordinaria chiedendoci del perché di questo particolare viaggio. La risposta è stata perché insieme cerchiamo pace e vogliamo starvi vicino. Gesto molto apprezzato. L’Ucraina è la conseguenza di una cultura di guerra che viene purtroppo da lontano. Per fermare questa cultura e spirale bisogna opporre un nuovo linguaggio. Camminare è un modo antico ma attuale perché è esperienza di vita, incontri nuove persone, apprendi culture e abitudini promuovendo allo stesso tempo un’altra cultura che è quella della Pace. Sono basilari però dialogo, incontro, tolleranza e rispetto. Per usare una metafora quando in un cammino affiora la stanchezza bisogna saper controllare il nervosismo e la fatica. Camminare- ha proseguito Don S. Borrelli- è un allenamento e così deve essere la generazione della Pace che non si costruisce con facilità ma serve impegno e fatica. I conflitti ci sono ma è importante individuare come risolverli ma di certo la guerra non è una soluzione. Perché finite le guerre il tutto si risolve con i negoziati e i dialoghi. Si dovrebbe pensare prima di iniziare le guerre di risolvere le controversie con trattati e incontri. Il filo conduttore dei miei cammini si ispira a Gesù, il Pellegrino per eccellenza che camminando ha annunciato il regno. Il cammino è il simbolo e segno della vita perché siamo in cammino sempre e perché dobbiamo sempre andare. A Santiago si dice “Ultreia et suseia” (andare oltre) ossia guardare avanti e verso l’alto andando verso conquiste nuove.
Camminare appartiene alla condizione dell’uomo e per me concretamente andare nei posti a piedi significa vivere un’esperienza spirituale e di umanità. Tutti i cammini riconducono al cammino quotidiano che si fa tutti i giorni nel proprio cuore nell’affrontare la vita nei suoi tanti aspetti reali. Esistono poi momenti speciali come un cammino di più giorni come lo è stato questo, fatto di tanti chilometri che può essere un incoraggiamento. Il vero cammino, però, incomincia quando tornerò a casa e in parrocchia dove proseguirò quello che ho lasciato e dove riprenderò con un cuore da pellegrino pacificato, rinnovato e pieno di speranza. Il pellegrino deve essere e restare un testimone di pace e di speranza. L’avvenire mi riserva un altro cammino che ho nel cuore ossia quello in Libano sulle orme di San Charbel in un’altra terra martoriata dalla guerra e attraversata da una grande crisi. Per una serie di segni avvenuti qui a Medjugorje, sento che i tempi sono maturi per affrontare anche questa nuova esperienza. Se Dio vorrà il prossimo anno il mio cammino mi porterà da Beirut al santuario di San Charbel con la volontà di poter raggiungere Gerusalemme e Israele. Bisogna ovviamente creare le relazioni e i rapporti per affrontare anche questo tragitto ma adesso, però, è tempo di fermarsi per curare le ferite del corpo che mi hanno attanagliato nell’ultimo periodo. Quest’anno, ad esempio, il fatto di fermarmi due giorni è stato un problema. E per chi cammina fermarsi incute un po' di ansia perché pensi di non arrivare più ma se ti fermi e sai aspettare alla fine arrivi a destinazione perché il pellegrino è paziente e sa attendere. Intanto, il progetto per il futuro c’è ma ascoltiamo la voce di Dio e come vorrà Lui faremo». Ringraziando tutti coloro che lo hanno sostenuto al suo fianco, a distanza e sui social, Don S. Borrelli ha voluto rivolgere anche un messaggio particolare: «Non bisogna avere paura dei propri fallimenti e dei propri peccati perché il pellegrino si riconosce peccatore. L’invocazione del pellegrino “Signor Gesù Cristo Figlio di Dio abbi pietà di me peccatore” e il mio invito è di non avere timore di andare avanti quando si perde la speranza. Perché la speranza in Gesù Cristo non si può perdere ma quando non ce la facciamo bisogna fidarsi e affidarsi a Dio. Chi crede non sarà mai abbandonato dal Signore che può tutto». Intanto, il soggiorno a Medjugorje è proseguito ancora per qualche giorno visto che il 25 agosto diversi parrocchiani e pellegrini cosentini lo hanno raggiunto. Insieme a loro Don Santino ha visitato i luoghi simboli come la parrocchia di “San Giacomo”, il Podbrdo, il colle delle apparizioni, il Krizevac, il “Cristo Risorto”, le città di Monstar e Thialina dove è custodita la statua della Madonna che tutti riconoscono per il suo volto e Siroki Brijege per l’omaggio alla memoria di alcuni frati martiri uccisi durante il periodo della dittatura e le cascate di Kravica. Particolari tanti momenti vissuti nei giorni del pellegrinaggio, tra Sante Messe, Adorazione Eucaristica, meditazioni, scalate ai monti e attimi conviviali nonché l’incontro con il Vescovo visitatore apostolico per Medjugorje Monsignor Aldo Cavalli. Intera esperienza rintracciabile nel diario pubblicato quotidianamente sulla pagina social della parrocchia “San Michele Arcangelo” https://www.facebook.com/profile.php?id=100067350275144 . Frattanto che Don S. Borrelli era impegnato nel suo cammino, a Donnici sono iniziati i lavori della struttura multifunzionale denominata “Liturgica”. Nel 2021, infatti, percorrendo un altro cammino, da Donnici a Roma, di oltre 700 chilometri, Don Santino a conclusione del tragitto incontrò Papa Francesco che autografò la prima pietra della neo-nascente costruzione pensata soprattutto per l’aggregazione sociale. Don S. Borrelli e i pellegrini cosentini sono, intanto, ritornati a casa, con tanto di Celebrazione Eucaristica sulla Nave, mentre nella serata di giovedì 31 agosto si è tenuta una veglia di preghiera e ringraziamento a Dio, per il cammino a Medjugorje, nella chiesa dell’Assunta a Donnici Superiore.