di Cristian Fiorentino

Ogni viaggio lascia una traccia ma il pellegrinaggio compiuto dal 2 la 4 giugno scorsi da una parte della comunità parrocchiale della “San Giovanni XXIII”, ha lasciato dei segni peculiari.

Il ricco programma ha toccato luoghi unici e dal fascino inalterato che solo l’Umbria, nella fattispecie Cascia, e Assisi, possono regalare. Non è stato da meno Greccio, nel Lazio in provincia di Rieti in Sabina, con un santuario, fondato da San Francesco, e incastonato su di un monte dove “Il Poverello d’Assisi” ideò il primo presepe della storia. Orientata da Don Tonino Longobucco, la comitiva di fedeli, composta da giovani e adulti, ha riscoperto non solo pagine storiche e religiose pregevoli ma soprattutto il valore di stare insieme, oggi sempre più minato dai social e dal mondo virtuale. L’indice dell’aspetto comunitario è emerso nei tanti momenti condivisi che hanno fatto da cornice ad una tre giorni intensa tra preghiere, apprendimento, svago e allegria. Sottolineare che la “Fede” è stato il filo conduttore del viaggio non è banale perché tutto ciò che ha ruotato intorno ai pellegrini, anche in questo caso, ha instillato elementi tangibili per ognuno.

Anche per chi si era già recato in questi affascinanti luoghi, la riscoperta di ritornarci ha avuto un tono emotivo diverso. Nella massima affermata a voce alta da uno dei fedeli si racchiude l’essenza dello stesso percorso spirituale “Transitare e ammirare paesi come Cascia e Assisi o Greccio, dove umili ma allo stesso tempo giganti della Fede come Santa Rita e San Francesco hanno vissuto appieno la propria esistenza, riempie e ristora l’anima”. Suggestioni e istanti interiorizzati anche individualmente nelle meditazioni, personali o collettive, o anche solo osservando le tante magnificenze dettate dalle opere d’arte che compongono la basilica, il monastero e il roseto di S. Rita, denominata da sempre “La Santa delle cause Impossibili” o la “Porziuncola”, la basilica superiore e inferiore, la cappella, la tomba di S. Francesco, San Damiano e tutti gli altri caratteristici luoghi legati a quello che viene definito, non a caso, il “Primo Poeta della Letteratura Italiana”. Non è da meno la basilica di Santa Chiara, la cui vita si è intrecciata con le meravigliose vicende di S. Francesco su tutto il territorio di Assisi. Excursus storico accompagnato da una sapiente guida ingaggiata ad hoc che ha illustrato nei minimi particolari tutto ciò che c’era da sapere sull’esistenza, l’arte, le curiosità, le costruzioni e le bellezze partorite da uno dei lembi autentici della Cristianità. Ponte temporale congiunto alla quotidianità del Cristianesimo attraverso il Beato Carlo Acutis, morto il 12 ottobre 2006 e i cui resti mortali riposano ad Assisi dal 6 aprile 2019, nella chiesa di “Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione”, e beatificato il 10 ottobre 2020 nella basilica papale di San Francesco. Anche visitare la tomba di un Santo della modernità, scomparso giovanissimo a soli 15 anni a causa di una leucemia fulminante, ha suscitato una certa emotività nei pellegrini.

Lo stesso Carlo Acutis ha trascorso lunghi momenti ad Assisi assimilando la spiritualità Francescana, vivendo la prova dell’atroce malattia come offerta al Papa e alla Chiesa e dichiarando in una delle sue più famose massime che “L'Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo!”. Tra gli altri momenti di svago anche ammirare un’altra tipica cittadina come Foligno ha avuto il suo perché e i suoi interessi. Gli incroci con altri fedeli, alcuni incontrati casualmente negli stessi giorni e della stessa diocesi, o le conoscenze e le amicizie nate e approfondite dai confronti e dai dialoghi nello stesso gruppo, riflettono un altro spunto di considerazione da riconquistare specie nelle distrazioni della vita attuale. 

Concludere, invece, l’itinerario a Greccio ha avuto, infine, l’aspetto accomunante, sulla linea geografica e spirituale, di unire le precedenti tappe in uno dei tratti ufficiali del “Cammino di San Francesco d’Assisi”: ammirando la collezione di presepi unici e originali, raffiguranti ogni parte del mondo, e soprattutto contemplando quella che lo stesso S. Francesco definiva le “Bellezze del Creato”. Parrocchiani della “San Giovanni XXIII” che, tornando nel proprio paese, case e alla vita di tutti i giorni, avranno di certo ancora modo di ripercorrere gli attimi vissuti e cogliere e custodire gelosamente, ogni volta che si fermeranno a riflettere, tutte le sfumature che l’intero pellegrinaggio ha emanato nei propri animi.

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