Fonte: www.corrieredellacalabria.it
«Assumere il personale occorrente e strutturare meglio la Rete nefrodialitica dell’Asp di Cosenza, che resta in affanno per la carenza di medici, infermieri e ausiliari. Credo che si possa e debba fare molto di più, considerato che ogni paziente sottoposto a trattamento emodialitico prova una sofferenza fisica e psicologica difficile da descrivere e affronta disagi quotidiani enormi».
Lo dice lucido e partecipe Francesco Sapia, già deputato della commissione Sanità che per molti anni ha «patito – racconta – il calvario della dialisi» sino ai due trapianti di rene subiti fuori regione, l’ultimo dei quali gli ha dato una nuova vita e, precisa, «ulteriore forza per difendere il diritto alla salute, soprattutto dei malati più fragili». Conclusa nell’autunno scorso la propria esperienza parlamentare, Sapia è tornato al suo lavoro: fa l’amministrativo nella sede di Cosenza dell’Unione italiana ciechi. Tuttavia, l’ex grillino, espulso dal Movimento 5 Stelle per non aver votato la fiducia al governo Draghi, non ha smesso di impegnarsi in politica. Infatti, ha aderito al comitato calabrese dei Popolari in rete, di cui è responsabile per il settore Sanità. «Ai nefropatici – premette Sapia, che conosciamo e cui diamo dunque del Tu per rispetto dei lettori – occorrono risposte efficaci. Per questo è importante una diversa sensibilità dei manager sanitari nei loro riguardi. Comprendo che il Servizio sanitario regionale si trova in una delicata fase di riorganizzazione e non nego che il commissario Roberto Occhiuto ci stia mettendo la faccia in prima persona. So che sono in corso accertamenti sui debiti contratti e sulle reali condizioni economiche delle nove aziende pubbliche della salute presenti in Calabria. Adesso vedo, finalmente, un tentativo di ricostruire l’intero sistema sanitario, ma in un contesto – osserva Sapia – che rimane precario a causa dell’inadeguatezza della normativa sul commissariamento per l’attuazione del Piano di rientro, per via della sopravvivenza di prassi limitanti nella dirigenza pubblica e del bisogno di ulteriori risorse statali. Inoltre, occorre aggiornare al più presto le Reti dell’assistenza sanitaria, a partire dalla Rete ospedaliera. Ma questo passaggio, necessario quanto urgente, è subordinato alle non semplici questioni dei conti, come conferma la recente proroga per la consegna dei bilanci delle aziende sanitarie e ospedaliere. Ciononostante, non si possono abbandonare i dializzati, soprattutto nel territorio cosentino».
Perché soprattutto nel territorio cosentino?
«Intanto, il reparto di Nefrologia dello stabilimento ospedaliero di Rossano rischia la chiusura. Questo perché dei dieci medici dell’organico ne sono rimasti cinque e al momento lì si sopperisce con due specialisti “a gettone”. Riporto un dato, il reparto, l’unico con posti letto in tutta l’Asp di Cosenza, riesce a dializzare 56 malati, mentre altri 23 sono costretti ad andare altrove per ricevere il trattamento emodialitico, che non è una cura, evidenzio, ma un trattamento che salva la vita. La Nefrologia di Rossano è l’unica, nell’Asp di Cosenza, in grado di trattare gli acuti e di garantire la pronta disponibilità».
Che cosa significa?
«Se un nefropatico ha un problema grave e urgente per cui va dializzato subito, soltanto il centro di Rossano può intervenire, nel Cosentino. Peraltro, il relativo bacino di utenza è molto ampio, considerato che Corigliano-Rossano conta quasi 80mila abitanti e che la Nefrologia rossanese serve anche parte della fascia ionica e i Comuni dell’entroterra. Le varie strade di collegamento hanno criticità risapute, sicché i pazienti che vanno altrove devono viaggiare in condizioni spesso estreme; magari anche perché non deambulano o perché non riescono a reperire agilmente un’ambulanza privata per il trasporto. Parliamo di pazienti delicati, che per raggiungere la postazione della dialisi si alzano alle 5 oppure anche prima».
Qual era, in passato, la situazione della Nefrologia di Rossano?
«Funzionava meglio, anche perché ora c’è una domanda maggiore rispetto a prima, quando ammalati con il diabete mellito o l’ipertensione morivano. Adesso, chi soffre di queste patologie finisce in dialisi a 80 anni».
Il punto è la carenza di personale, che però è un problema che si registra in tutta l’Italia.
«Vero. E lo è, tra l’altro, per tutte le branche della chirurgia, per le unità di anestesia e per l’ambito dell’emergenza e dell’urgenza. Circa la Nefrologia di Rossano, ripeto, lì sono rimasti cinque medici e ne hanno aggiunto due a gettone, il che, visto che la Calabria è in Piano di rientro, rappresenta un ulteriore aggravio di spesa. È altrettanto vero che spesso i concorsi vanno deserti e che l’assistenza dei pazienti risente, in molti casi, delle prescrizioni e limitazioni che hanno diverse figure professionali. Tuttavia, la carenza di personale, specie nella Nefrologia di Rossano, può compromettere la sopravvivenza del servizio. Perciò servono soluzioni concrete e, se possibile, rapide».
Nell’Asp di Cosenza esistono altri problemi, riguardo alle terapie per i nefropatici?
«In generale, vi è una cattiva organizzazione della Rete nefrodialitica dell’Asp di Cosenza. Pertanto, bisogna discutere seriamente di proposte concrete. A mio parere, lo affermo anzitutto da paziente e poi da ex deputato, andrebbero previste tre zone omogenee: una tirrenica, una centrale e una ionica, con tre unità operative semplici, ciascuna con proprio responsabile, le quali potrebbero essere aggregate all’unica struttura complessa, cioè quella di Rossano, che è stata sempre un’eccellenza; intanto per le tantissime vite che ha salvato».
Che ricordo ne hai come paziente?
«Un ottimo ricordo, sia di quando era diretta dal primario Cicchetti, sia di quando era guidata dal successore, Musacchio, da poco andato in pensione. Dobbiamo far capire è che quello non è un reparto in cui si può scherzare o ridere, ma è un posto nel quale la maggior parte delle persone va per grave insufficienza renale. Una volta che arrivi lì, poi ti prospettano la dialisi, che è un inferno sulla terra: tre turni settimanali di quattro ore ciascuno; in pratica una non vita, perché sei libero soltanto nei giorni in cui non fai la terapia».
Ne parli con cognizione diretta.
«Devi essere molto motivato, quando ci passi. Se hai moglie e figli,a casa non puoi fare la parte del malato, ma devi essere eroico, altrimenti tutta la famiglia crolla insieme a te. Devi avere una forza straordinaria per sopportare la dialisi, una continua spinta d’animo e anche una grande resistenza psicologica. Ciò per far sì che il tuo problema non condizioni la vita dei figli e della famiglia».
Da parlamentare ti eri occupato più volte della carenza di personale nelle Nefrologie.
«Sì, riuscendo da deputato a far assumere più medici ed infermieri. Anche come consigliere comunale di Corigliano, prima di diventare parlamentare, ero intervenuto al riguardo. Avevo presentato una mozione per consentire ai cittadini, con il rinnovo delle carte d’identità, di risultare donatori ufficiali di rene. È chiaro che l’unica via per uscire dalla dialisi resta il trapianto».
C’è altro da fare, nell’immediato?
«Certo. L’Asp di Cosenza non riesce a garantire l’efficienza di una volta a proposito del progetto Dialisi vacanza, specifico per garantire il trattamento emodialitico ai cittadini che ritornano da fuori, nelle città in cui studiano, lavorano o vivono per altre ragioni. Fino a qualche tempo fa, grazie al progetto di Dialisi vacanze, l’Asp di Cosenza riusciva a garantire la terapia salvavita a chi rientrava per il mare e ai turisti, che potevano stare un po’ tranquilli nei luoghi di svago o in quelli d’origine. Purtroppo, la diffusa carenza di personale ha reso meno operativo anche questo servizio. L’Asp deve rimetterci mano»
A chi ti rivolgi, dunque?
«Mi auguro che la direzione generale dell’Asp di Cosenza voglia affrontare in maniera più decisa i problemi che ho riassunto. Spero pure che si apra un confronto tra le forze politiche, sempre nell’interesse esclusivo dei pazienti. A malincuore, noto una certa indifferenza rispetto al dramma quotidiano dei nefropatici. Ma non c’è tempo per le polemiche. Si deve ragionare e, soprattutto, agire evitando arroccamenti e rinvii».