Padre Giovanni Cozzolino OM
Nell’omelia pronunciata durante la Messa celebrata al Sacrario di Redipuglia che ha voluto visitare nel centenario, il 2015, dell’inizio della Prima guerra mondiale, papa Francesco ha puntato il dito contro i veri responsabili della guerra che «distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano», affermando che i responsabili sono «la cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere, motivi che spingono avanti la decisione bellica», che «sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è l’impulso distorto», che porta gli uomini a dire, come Caino, «A me che importa? Sono forse io il custode di mio fratello?».
Ha fatto effetto sentire la voce ferma di Francesco pronunciare questo atto di accusa contro la guerra in un luogo dove sono custoditi i resti di oltre centomila soldati morti durante il primo conflitto mondiale. Soldati che avevano vent’anni, «che avevano i loro progetti, avevano i loro sogni. Ma le loro vite sono state spezzate perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”». Papa Francesco «dopo avere contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano, trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia». Papa Francesco lo ha detto senza mezzi termini: tutto questo «è possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto importante. E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”. Ma anche voi giovani di fatto, dite “A me che importa?”. E ciò si può notare dal fatto che a voi della politica non interessa nulla: facilmente non andate a votare ! Anche della religione non vi interessa nulla: facilmente ormai non conoscete Gesù il Cristo! Anche dell’amore al Bene Comune non vi interessa nulla: non siete protagonisti della vostra storica, della vostra città, dell’amore al bello, al buono e giusto! Vi piacciono le “passioni tiepide”, non “tristi”, ma piuttosto “disincantate”, relative, passeggere, dimenticando che i valori sono per sempre! Vi siete abituati al clima di sfiducia che grava su di voi e invece di reagire, sognare ed essere protagonisti alla fine vi arrendete e dite “A me che importa?”. “Diventare grandi”, una promessa attesa, quando si era bambini, oggi appare quasi una minaccia: d’altronde, gli anni delle contestazioni sociali, ma prima ancora, familiari sono lontani perchè i genitori, la famiglia, sono divenuti l’appiglio che permette ai figli di condurre la loro transizione infinita all’età adulta. Si spiega soprattutto così l’importanza attribuita dai più giovani ai rapporti con la famiglia, ma soprattutto all’indipendenza e all’autonomia: ciò è segno evidente che il sostegno della famiglia è necessario, ma, al tempo stesso, aumenta, la domanda di in-dipendenza, di crescere, auto- realizzarsi, di affermarsi e “fare carriera”: ma per fare ciò ritornate a sognare e a non dire “A me che importa?”. Siete la generazione della rete, la generazione più globalizzata, abituati a comunicare a distanza e a orientarsi verso “altrove”, sostenuti dai genitori e dai nonni, per questo non riuscite a sfuggire al senso di solitudine, che grava su tutta la società. Internet e i social media permettono di restare sempre in contatto con gli altri, gli amici: ma sei sempre tu, davanti al tuo schermo, da solo, oppure in mezzo agli altri a comunicare da solo, con il proprio smartphone. Così, le passioni, i sogni, gli ideali, la voglia di cambiare non diventano “tristi”, ma più tiepide, perché le stesse “fedi” sbiadiscono e si perdono: sono lontani i tempi della “contestazione”: e della stessa “generazione dell’impegno” – del ’68 – appare disillusa. In altri termini, “non c’è più religione”, soprattutto fra voi più giovani e così, diventa difficile provare “passioni”, accese e perfino tristi e i sogni si raffreddano, divengono tiepide. Eppure, noi, nonostante tutto noi “crediamo” in voi giovani, perché, comunque, siete il nostro futuro: l’importante è che non smettete di sognare e non il non fermarvi nel dire: “A me che importa?”.{jcomments on}