Fonte: www.corrieredellacalabria.it
«I reati in Italia durante la pandemia non sono aumentati ma sono cambiati. Preoccupa il fenomeno dei femminicidi e della cyber sicurezza, ma i fari sono accesi anche sull’ambiente e sui nuovi fenomeni mafiosi».
Lo afferma in un’intervista rilasciata a Fanpage.it il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi «Durante e dopo la pandemia – spiega – i reati non sono aumentati, sono eventualmente cambiati perché chiaramente il Covid ha portato a una limitazione dei contatti interpersonali e della mobilità e questo ha abbassato notevolmente talune forme di criminalità. Una tra tutte i reati predatori, furti, rapine o cose di questo genere. Sono invece cresciuti in modo esponenziale i reati informatici nelle diverse sfaccettature». «Quello dei femminicidi è qualcosa veramente di aberrante – prosegue il comandante generale dei Carabinieri nell’intervista rilasciata Fanpage.it – che tocca le coscienze di tutti quanti noi che siamo sensibili al sociale. È un fenomeno tendenzialmente in aumento e la pandemia non ha aiutato perché ha notevolmente incrementato le conflittualità di tipo domestico, tra cui ovviamente quelle rivolte alle donne. Io credo che fondamentalmente non sia un problema normativo oggi in Italia, ma è soprattutto un problema di tipo culturale, perché ancora non c’è quell’idea della parità tra uomo e donna. Quindi sui grandi numeri, su 56 milioni di italiani, c’è sempre qualcuno che poi pensa di essere più importante o prevaricatore rispetto al sesso femminile. Da un punto di vista organizzativo, la legge ci ha dato importanti strumenti di lavoro, come il codice rosso, l’ammonimento e tutta una serie di meccanismi che di fatto funzionano. Quello che trovo vada messo a punto è il convincere le donne a denunciare. C’è sempre la preoccupazione soprattutto per la tutela dei figli. “E se io denuncio che sarà dei miei figli? E se io denuncio dove vado?”, si chiedono. E anche questo ultimo è un altro tema importante, perché in realtà le strutture di assistenza rispetto alle donne che denunciano in Italia non sono ancora così all’avanguardia. Ecco, in questo settore forse dovremmo ancora lavorarci». Al comandante generale Teo Luzi viene chiesto poi di altre tipologie di crimini on line, il bullismo, il mobbing, le violenze verbali e le truffe. «Ci sono sempre i soliti due momenti, quello preventivo e quello repressivo. Quello preventivo si fa, come noi lo chiamiamo, con il pattugliamento del web, scandagliandolo secondo certi parametri, soprattutto il dark web. Si va quindi alla ricerca di situazioni che possano in un certo qual modo essere pericolose, come succede nel pattugliamento sulle strade, un po’ a buon senso, un po’ sulla base dell’esperienza, un po’ sulla base di analisi di fatti successi. Poi c’è tutta la parte, ovviamente, di tipo investigativo – prosegue l’intervista di Fanpage.it – di fronte ad alcuni episodi che possono capitare, denunce o comunque episodi criminali rilevati. Abbiamo una struttura che è centrale e importante che è il Ros, altamente specializzata, e articolazioni sui comandi provinciali, soprattutto su quelli più grandi che sono Milano, Roma, Napoli e Palermo che a loro volta contribuiscono allo sviluppo di indagini di fronte a talune forme criminali». «C’è stata una modifica comportamentale del fenomeno mafioso importante in questi ultimi 20/30 anni – sottolinea Teo Luzi riferendosi all’evoluzione delle mafie che utilizzano le nuove tecnologie per fare affari –. Si è passati dalla mafia di sangue, quella che ha attaccato lo Stato anche con bombe a Roma, a Milano, alla mafia di oggi di tipo essenzialmente economico, quindi con penetrazione della società ma soprattutto per fare business ed economia. È una mafia silente ma altrettanto pericolosa. Ovviamente per fare business c’è anche il web con criptovalute o situazioni di questo genere, noi chiaramente ne siamo consapevoli, abbiamo delle strutture investigative importanti, cito il Ros come esempio, ma questo non è sufficiente, perché ci sono i nuclei investigativi dei comandi provinciali o altre articolazioni specializzate nel mondo dell’ambiente che è un altro tema molto delicato dove si fa business. L’immondizia è soldo, è oro. Ciò significa formare personale nella lotta a questa forma di criminalità sia nel mondo reale ma soprattutto in quello virtuale, che è la sfida per certi aspetti più difficile perché oggi l’Italia non ha problemi di risorse per avere software e hardware di livello avanzato. Oggi il grande tema purtroppo dell’Italia è avere personale in grado di saperci operare, e noi siamo espressione terminale di una società che produce pochi tecnici del settore informatico. Magari produce tanti diplomati in materie scientifiche o piuttosto in materie umanistiche, vogliono fare gli avvocati ma in realtà noi oggi avremmo bisogno più di ieri di tecnici con le diverse esperienze. Non parlo nemmeno di laureati, parlo proprio di tecnici. Ecco, quando noi dobbiamo cercare questo personale nel mondo civile abbiamo difficoltà a reperirlo». La tutela dell’ambiente è un altro degli argomenti trattati nell’intervista. «Lo scenario internazionale in questo momento mi preoccupa. Non solo c’è la guerra in Ucraina, ma anche la crisi nella gestione delle politiche internazionali nel mondo ambientale. In Italia abbiamo questo gruppo di carabinieri che sono poco meno di 7mila, che si interessano di tutela del nostro Paese. Lo fanno in maniera altamente professionale, soprattutto pensando alla prevenzione, il che significa conservare la biodiversità per come è oggi in Italia. È la Carta costituzionale ad aver introdotto questo principio di tutela degli ecosistemi nell’interesse delle future generazioni. Abbiamo chiuso un accordo con l’Unesco per fornire personale laddove ci sono delle esigenze di crisi, ne chiuderemo un altro fra qualche settimana con la Fao per dare un contributo laddove ci sono degli interessi sulla desertificazione o per la coltivazione di prodotti primari a livello alimentare e a breve un altro anche con l’Onu per la costituzione di un centro di eccellenza a Sabaudia dove formare personale delle varie comunità che ce lo chiedono in materia ambientale». Il comandante generale dei Carabinieri si sofferma anche sul tema dei suicidi all’interno delle forze armate e forze dell’ordine. «C’è angoscia ovviamente, dobbiamo approfondire un po’ queste dinamiche e i numeri, per quanto siano tragici, rispondono sostanzialmente a statistiche della società. Ci confrontiamo con le altre forze di polizia, una fra tutte la gendarmeria francese che è una realtà completamente diversa dalla nostra e purtroppo il fenomeno è parallelamente similare a quello delle forze di polizia italiane e delle forze armate. Devo anche dire che poi analizzando i singoli casi spesso si tratta di situazioni angoscianti che derivano da fattori di tipo privato. Ora ciò non toglie che l’amministrazione, proprio perché una grande famiglia, dovrebbe saperle anche intercettare. Ma devo anche dire che non è così facile. Per ultimo abbiamo anche organizzato un convegno, un incontro anche con alti esponenti della psichiatria e del mondo sociale italiano per cercare di capire e all’unisono tutti hanno evidenziato come talune dinamiche psichiche non sono facili da capire per tempo. È un tema che comunque ci sta molto a cuore, abbiamo attivato un call center anonimo per il nostro personale da parte di un organismo esterno all’Arma, perché ovviamente chi deve chiedere aiuto spesso non lo fa andando dal superiore ma cercando un appoggio esterno, che è l’ospedale Sant’Andrea con la clinica medica di Psicologia di Sant’Andrea con un centralino che ascolta il personale che chiama rappresentando situazioni ovviamente di diverso grado». Conclusione sugli obiettivi dell’Arma. «Non c’è nulla di nuovo – termina Teo Luzi – noi dobbiamo stare vicini alla gente. Le istituzioni di polizia devono esprimere la rassicurazione sociale, che è qualcosa di più rispetto alla lotta al crimine. Il messaggio è che lo Stato non fa un passo indietro, davanti a qualsiasi problema le istituzioni e noi come carabinieri ci sono».