Sarà presentato domani, domenica 9 agosto, nel Quadrato Compagna di Schiavonea, a partire dalle ore 21.30 il libro, scritto da Enzo Cumino, dal titolo “Dal sogno alla realtà – Biografia di Piero Migliacci”.
Lo scrittore coriglianese Enzo Cumino, non nuovo a consegnare all’opinione pubblica, testimonianze di vita e di storia locale, questa volta ha voluto soffermarsi su un coriglianese che, purtroppo, lontano dalla sua Corigliano è diventato famoso: Piero Migliacci. C’è un luogo, nel centro storico di Roma, a via della Vite proprio a due passi da Piazza di Spagna e il Corso, dove politici, grandi manager, nobili e diplomatici siedono fianco a fianco ad aitanti hispter di Seattle, emigranti italiani nostalgici e artisti stranieri. Il barbiere da alcuni è visto come una fastidiosa necessità, altri come un momento di cura di sè o di relax dove celebrare, come diceva Plutarco, quei ‘banchetti senza vino’, densi di chiacchiere e facezie. La Barberia Peppino, a Roma, è un po’ tutto questo e a dimostrarlo sono i 63 anni di attività e gli 83 del proprietario, Piero Migliacci. C’è quindi chi va lì per ammirare la boiserie, le poltrone in pelle, le giacche bianche dei collaboratori (una squadra di 6 persone fra cui il figlio di Piero, Alessandro), le vetrine con le boccette di colonia inglese dalle etichette liberty, le foto autografe del re emerito di Spagna Juan Carlos o del Principe Ruspoli. Per gli habituè è un ambiente di rassicurante ma non polverosa tradizione, come una piazza antica però animata da caffè e concerti. E poi ci sono le chiacchiere. Certo, che barbiere sarebbe senza le chiacchiere. E Piero appunto è una miniera inesauribile di aneddoti, ricordi e curiosità. Ma le chiacchiere qui arrivano solo se si ha piacere e il piacere di farle peraltro arriva spesso. Piero in ogni caso coglie al volo chi ama la riservatezza e le poche parole. Un’arte affinata in 65 anni di lavoro. Ma chi è Piero Migliacci. Ecco come si raccontava tre anni fa al Corriere della sera: “Mio padre mi disse: “Scegli, calzolaio o barbiere”. In paese, a Corigliano Calabro (Cosenza) vedevo che i barbieri erano sempre lì a chiacchierare, quasi non sembrava un lavoro». E invece? «Nel ‘53 ero a bottega a Schiavonea, un borgo di pescatori. Il titolare si ammalò e dovetti sostituirlo. Non sapevo tagliare i capelli, avevo 15 anni, ma ho imparato presto. Ogni lunedì gli portavo l’incasso e mi dava 200 lire». Tempo due anni e si mette in proprio, per poi trasferirsi a Milano con l’allora fidanzata e futura moglie: «L’unica donna che mi abbia detto di no». Studia da parrucchiere, ma per problemi familiari deve rimboccarsi le maniche. Con i meneghini «scicchettosi» si sente a disagio: «Dottori, ingegneri... Io avevo la quinta elementare». Se non fosse che non sono molti gli artigiani con la sua esperienza: «All’Espam (la scuola di estetica e acconciatura) mi volevano come maestro, ma il mio sogno era Roma». Nel ‘63, lo chiama il direttore dell’albergo diurno della stazione Termini: «Partimmo con un figlio di 10 mesi e la Lambretta». Ma, una volta nella Capitale, Piero non si accontenta: «Volevo lavorare in centro». Il collegio dei barbieri in via delle Quattro Fontane lo indirizza da un siciliano in via Mario de’ Fiori, Peppino Ricciardo Calderaro: «Mi avvertirono: “Guadagnerai bene, ma lui ha un caratterino...”. Nel libro che sarà presentato domani sera vi è la prefazione di Giovanni Torchiaro e una postfazione del giornalista Maurizio Giammusso. E' articolato in tre parti: la prima dal titolo "dal borgo marinaro a Roma", la seconda: "la bottega di via della vite" e poi un'ultima parte che in pratica è un'appendice di fotografie. Ampia anche la rassegna stampa di molte testate italiane ed estere che si sono occupati del nostro illustre concittadino. Il ricavato della vendita del libro sarà devoluto in beneficenza.