di Giovanni Scorzafave
Anch’io, in questo periodo di campagna elettorale, voglio scrivere una letterina ai politici che si apprestano a governare la nostra città.
Una letterina breve, quattro parole, forse tre, per segnalare una situazione alquanto spiacevole che nel tempo potrebbe diventare molto grave. Eccola. “Caro amico, che tu sia Generale, Capitano, Caporale o Soldato semplice, non importa; importa, invece, soltanto che tu abbia ancora un po’ di amore per questa neo città di Corigliano Rossano - mi è ancora difficile scrivere questo nome, ma lo faccio con l’augurio che possa essere davvero una rinascita per il nostro travagliato territorio -. Con la speranza che tu possa governare con intelligenza, fuori da ogni logica di partito, la nostra città, ti prego di non buttare al vento dell’obblio la memoria dei nostri padri. Mi riferisco al cattivo stato di conservazione degli archivi dello Stato Civile del Comune di Corigliano Calabro, in particolare a quelli di via XXIV Maggio n. 2: libroni pesanti incastrati tra di loro nelle scaffalature metalliche non idonee. È una vera impresa per le gentilissime impiegate di tale ufficio, per come sono messi, prenderli; poi, risistemarli è ancora più difficile (se non ci credi, vai a vedere di persona). Questo, però, è solo un aspetto secondario di quanto sto per dirti. Il vero problema, molto più grave, è, invece, oltre a qualche cassetto che non si apre più per consultare le sopravvissute schede anagrafiche dei nostri padri, lo stato precario in cui versano gli archivi anagrafici: fogli scollati, pagine mancanti e altre parzialmente illeggibili. Pertanto, per evitare che il tempo della memoria vada perduto, ti prego di prendere a cuore questo problema e di non consideralo secondario rispetto ad altri che, forse, hanno maggiore visibilità per i cittadini. Poi, se riesci, e si può fare con quattro soldi, a promuovere la digitalizzazione dei dati presenti in questi “libroni”, riportandoli su semplici fogli di Excel, allora consegnerai veramente alle nuove generazioni le memorie dei loro padri e potrai, in questo caso, definirti un vero Capitano. Sì, proprio così, perché noi abbiamo bisogno di uomini pronti a capitanare la città: i Generali non esistono, sono un’invenzione del genere umano. Con questa ultima riflessione, carissimo politico, e con la speranza che tu possa essere il Capitano della nostra città, ti saluto cordialmente, augurandoti buon lavoro.