Quaresima: chiamata alla gioia.

Di Pasqua in Pasqua e di Quaresima in Quaresima camminiamo verso la pienezza della vita, segnata dalla Salvezza operata da Cristo e a noi donata mediante il Battesimo.

Dare inizio a questo cammino è per noi motivo di gioia e non di tristezza; è motivo di impegno e non di rilassatezza; è opportunità di conversione ad una vita bella, audace, ricca di senso e di luce.  Il segno che accompagna questo nuovo cominciamento è data dalle ceneri. Una realtà povera, fragile, venuta fuori dal fuoco che tutto consuma. Polvere finissima, sottile, simile a terra, scaturita dai nostri impegni mancati, dalle nostre promesse tradite, dai nostri verdi rametti di ulivo che agitavamo osannanti nel giorno delle Palme dello scorso anno e che ora ci narrano le occasioni fallite di rendere migliore noi stessi. Queste ceneri, che parlano di morte, sono, nella loro apparente povertà, un fertilizzante potente, quello che utilizzavano i nostri nonni per concimare i terreni, le colture. In questa morte apparente è contenuta la vita. Oggi attestiamo con gioiosa fiducia che Dio continua a credere in ciascuno di noi.  Egli non smette di credere nella nostra capacità di redenzione, di conversione. È vero queste ceneri sono segno penitenziale antico, con cui si evidenziava la consapevolezza della propria miseria bisognosa della misericordia divina. Al tempo stesso, però, esse diventano quel concime spirituale, l’umiltà, con cui siamo invitati a prenderci cura di noi perché possiamo portare frutto.  Infatti come ci aiuta a riflettere il Vangelo di oggi, il cammino del cristiano fugge ogni propaganda e pubblicità, e nel segreto, lontano dagli sguardi altrui e propri, scandisce il suo passo, le sue scelte più vere.  La sfida è quella di far risplendere in noi, con l’aiuto della grazia, della misericordia, la nostra figliolanza divina donataci da Cristo, mediante la sua morte e risurrezione. Se dalle origini del mondo eravamo semplici creature, realtà bella e buona, contemplata con meraviglia dagli stessi occhi del Creatore, con Cristo siamo divenuti figli. È questa la realtà luminosa a cui ci conduce il cammino quaresimale e la Santa Pasqua: ricomprendere, riacquisire con vigore la nostra figliolanza divina sapendo riconoscere e combattere il nostro peccato. Se non siamo consapevoli di essere figli, e figli amati dal Padre, è perché gli abbiamo voltato le spalle con i nostri atti di orgoglio, che ci rendono padroni di noi stessi ma impermeabili all’Amore. Se non capiamo cosa significhi sentirsi figli amati da Dio è perché abbiamo indurito il cuore in scelte egoistiche, avide, bramose di possesso, di garanzie e di sicurezze ma povere di fiducia, di dono e di apertura del cuore agli altri. Spesso siamo sordi e muti. Incapaci di ascoltare la voce di un Dio che ci invita nella sua casa, non possiamo testimoniare la bellezza di un cuore che ti accoglie sempre, sempre. Le ceneri ci riconducono ad una sana consapevolezza: quella del nostro limite. Come dice la Scrittura: “siamo polvere e polvere ritorneremo ad essere”. In altre parole siamo inconsistenti. Nella nostra vita non c’è consistenza, ma fragilità, povertà. Non c’è comunione, condivisione ma egoismo. Non possiamo determinarci a partire da noi stessi. Lo abbiamo sottolineato tante volte e oggi lo ripetiamo al nostro cuore: solo in Dio, solo con Lui, solo grazie a Lui noi possiamo trovare un senso alla vita, alle realtà create, al dolore. Ecco la conversione che la Quaresima ci chiede: tornare a comprendere che il nostro essere figli di Dio richiede la determinazione ad un impegno e ad una responsabilità vera nei confronti del mondo intero. Morire a noi stessi e aprirci all’altro che è il fratello,  all’altro che è Dio è l’impegno pasquale che assumiamo stasera. Le ceneri ci ricorderanno il sepolcro da cui vogliamo risorgere: il nostro peccato; e allo stesso tempo la possibilità nuova di rinascita, di gemmazione, di fioritura a cui la nostra vita anela. Carità, preghiera e digiuno siano gli strumenti con cui realizzare questo percorso; siano l’aratro con cui dissodare il nostro terreno duro e sassoso; siano gli “spazi” nei quali riappropriarci della nostra vita, della nostra intimità, della verità del nostro agire, sottraendolo alla logica dell’apparire.  Se sapremo vivere con impegno questo tempo la Pasqua si dischiuderà dinanzi a noi, bella e luminosa, portatrice di speranza, ricca di generatività per la vita di tutti noi. Il nostro deserto tornerà a fiorire e sarà gioia per tutti.  Buon cammino.

 

 + don Giuseppe                                               

 

 

 

         

 

 

 

 

 

 

       

 

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