Doppio lavoro. A fronte di chi si arricchisce, migliaia di italiani vivono economicamente in affanno. Padri di famiglia o ragazze madri costretti a svolgere due/tre lavori in nero per mantenere i propri figli, mentre migliaia di fortunati colletti bianchi stipendiati dallo Stato hanno doppi o tripli incarichi con laute retribuzioni.
Un’anomalia che distrugge il mercato del lavoro e paralizza i servizi offerti al cittadino. Il cerchio si chiude ai danni di tutti gli italiani che fanno acrobazie per arrivare a fine mese pagando le tasse con le quali saranno liquidati gli stipendi di medici, docenti, dirigenti, impiegati statali e politici. Professionisti che talvolta preferiscono usufruire del proprio tempo libero o di aspettative e permessi per lavorare nel settore privato. Crescono così i tempi d’attesa per fare un esame in Ospedale o un documento in Comune. Gli stessi addetti, in ferie o in malattia nel migliore dei casi, sono contemporaneamente nel proprio studio privato a fornire la medesima prestazione. A pagamento. Il tutto nel silenzio degli utenti ai quali è negato il diritto di usufruire dei servizi cui hanno diritto. Doppio guadagno per l’assenteista, doppia spesa per il contribuente in termini di tasse e disagi. Esistono dipendenti statali che tra assenteismo e cartellini ‘ballerini’ riescono a essere stipendiati nel pubblico e lucrare nel privato. La sanità offre gli esempi più fantasiosi. Medici che, invece di visitare il paziente nel rispetto delle le norme su intramoenia ed extramoenia, speculano sulla salute degli utenti. Gli italiani che hanno un doppio impiego nel 2017, dai dati Istat, sono oltre 3 milioni e mezzo su 25 milioni di lavoratori. Assurdo se si pensa che a giugno del 2018 i disoccupati erano meno di 3 milioni. A questi vanno aggiunti gli incarichi in ‘nero’, gli oltre 13 milioni di italiani inattivi e chi ha cambiato lavoro. Dai dati Istat riferiti al 2017 emerge che i metalmeccanici che ‘arrotondano’ con il secondo lavoro (ufficialmente dichiarato) sono 15.500, i camerieri e cuochi 542.000, gli insegnanti 70.000, i medici 119.000, gli impiegati statali 189.000. Numeri attraverso i quali è possibile ottenere una visione più reale del mercato occupazionale italiano solo aggiungendo i 3 milioni e 300mila lavoratori in nero individuati dalla CGIA di Mestre, la più importante Associazione Artigiani e Piccole Imprese. Un esercito di invisibili che, pur essendo sconosciuto all’Inps, genera 77,3 miliardi di fatturato non dichiarato l’anno, sottraendo al fisco un gettito di 42,6 miliardi di euro. In questo calderone rientrano sia gli operatori del call center che lavorano anche come baristi, sia medici che chiedono denaro ai pazienti per visite senza tempi d’attesa e con più ‘attenzione’. Di base, il dipendente pubblico che ha doppio lavoro, commette un illecito. Diverse le norme che vietano ad un lavoratore della pubblica amministrazione di svolgere altre attività. Il Testo Unico del Pubblico Impiego e l’articolo 60 del Dpr 3/1957 impediscono agli impiegati statali di: assumere impieghi presso datori di lavoro privati; assumere cariche in società aventi scopo di lucro; esercitare attività di carattere commerciale o industriale e svolgere incarichi retribuiti non attribuiti dall’amministrazione di appartenenza. La violazione di tali regole comporta sospensioni e nei casi più gravi il licenziamento. Esistono però delle eccezioni. Non è sempre vietato il secondo lavoro (soprattutto se non lo si dichiara). I dipendenti pubblici possono svolgere altre attività dopo aver richiesto e ottenuto l’autorizzazione dell’ente presso il quale sono assunti. Esempio. Un docente potrà svolgere lezioni private se chiede il permesso alla dirigente della scuola in cui è contrattualizzato. L’autorizzazione verrà rilasciata in tutti i casi in cui non comprometta l’impegno e l’efficienza nel lavoro per la Pubblica Amministrazione. I dipendenti statali con contratto a tempo pieno o part time superiore al 50% non possono quindi svolgere doppio lavoro perché si ritiene non abbiano il tempo necessario per entrambe le mansioni senza comprometterne l’efficienza In più il secondo lavoro non dovrebbe mai comportare un conflitto d’interesse con la funzione pubblic. Un radiologo, ad esempio, che lavori in Ospedale e possieda uno studio di radiologia privato potrebbe far lievitare le liste d’attesa nel pubblico per convogliare l’utenza presso strutture a pagamento/convenzionate per trarne un eventuale profitto. Principi che dovrebbero essere rispettati per evitare truffe ai danni dello Stato, disagi alla cittadinanza e disoccupazione.