A distanza di due mesi dall’inizio del nuovo anno scolastico, sento mio dovere, oltre che piacere, portare all’attenzione dell’intera comunità cittadina, quello che potremmo definire come uno degli esperimenti più innovativi e lungimiranti che riguardano la scuola degli ultimi decenni.

Mi riferisco al progetto “ Scuola Senza Zaino”, fortemente voluto ed egregiamente applicato dalla dirigente Susanna Capalbo, dell’Istituto Comprensivo “Erodoto”. La professoressa Capalbo ha fatto suo, un modello di scuola che si rifà a quello danese. Un modello rivoluzionario, che sovverte completamente il concetto di scuola tradizionale all’italiana; un concetto ormai superato, non più al passo coi tempi e che arranca dietro ad un mondo che corre veloce e si evolve.  In una città come la nostra, dove tutto sembra andare a rilento rispetto al resto del mondo, esempi di una simile lungimiranza e progresso, non possono non essere lodati, specie se pensiamo che gli istituti facenti capo alla professoressa Capalbo, sono il secondo esempio in tutta la provincia di Cosenza. La “Scuola senza Zaino” abbatte il vecchio modello di scuola, a partire dalla semplice organizzazione degli spazi. Non esiste più la cattedra da dietro la quale la maestra regna sovrana protagonista dell’aula. Non esistono più i banchi singoli, dove ogni bambino è soggetto a sé stante e solo, ma banchi multi posto, ai quali si siedono gruppi di bambini che lavorano e imparano insieme attraverso la collaborazione, mentre la maestra, abolita la cattedra, si sposta da un gruppo all’altro. Tutto ciò che si fa in questo modello di scuola, lo si fa insieme, imparando a fare squadra fin da piccoli, per saper fare poi squadra in un mondo del lavoro, che richiede sempre più collaborazione e sempre meno individualismo. Fare squadra è anche il modo migliore per far emergere le attitudini e i talenti di ognuno e di questi singoli talenti diversi tra loro, si avvantaggia l’intero gruppo. Ogni bambino è pertanto chiamato a scegliere tra diverse attività, che sceglie liberamente seguendo le proprie inclinazioni. Come potrebbero venire fuori i diversi talenti di ognuno di loro, se ad ogni bambino venisse chiesto di svolgere lo stesso identico lavoro? Credo sia per questo che i bambini che hanno la grande fortuna di essere inseriti in questo progetto, hanno un solo grande tratto in comune: quello di essere contenti. Non esiste più il “tutti a fare il riassunto”, e chi finisce prima è il più bravo. In questo modello di scuola, la cooperazione scalza del tutto la competizione. E noi mamme, che abbiamo la fortuna di poter introdurre i nostri figli in questo modello scolastico, non possiamo fare altro che elogiare la professoressa Capalbo e incitarla ad impegnarsi per sdoganare vecchi modelli, che piacciono solo ai nostalgici del tempo che fu e non è più. È facile incontrare resistenza al cambiamento quando si cerca di sovvertire cose a cui la gente è abituata da decenni; è facile cadere in critiche che nulla hanno di costruttivo e che mirano solo a restaurare un vecchio modo di pensare la scuola. Siamo in tanti a guardare con fiducia a questo progetto e speriamo che venga portato avanti, sicuri che darà ottimi frutti e produrrà generazioni di uomini e donne più forti e capaci, che saranno colonne portanti di un modo diverso di concepire il mondo.

Federica Sapia rappresentante di classe  presso la scuola Ludovico Ariosto

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