di Salvatore Martino
In questi giorni, c’è un filo rosso chiamato sanità che tiene legata la Calabria intera in una condizione di sofferenza incredibile. In questa terra è stato cancellato, come in un macabro gioco di prestigio, il diritto alla cura e alla tutela della salute. Quello che sta succedendo in questa regione ha del surreale.
Sono anni che assistiamo a proclami, discussioni, litigi, ristrutturazioni e promesse, ma la situazione della sanità non solo non è mai cambiata ma è deteriorata in una maniera vergognosa. Lentamente e inesorabilmente sta scomparendo tutto: cure, medicine, servizi, reparti, interi ospedali.
Lo stesso ospedale della Sibaritide che doveva essere un fiore all’occhiello di tutto il territorio, nonostante i proclami e i finanziamenti promessi, è appassito prima ancora che nascesse. Le non poche professionalità che erano presenti nei vari nosocomi e che qualificavano la sanità calabrese non ci sono più, i giovani sono costretti ad andarsene altrove privando le nostre comunità di operatori sanitari di ottimo livello.
Non ci sono strutture, non ci sono posti per loro. Viviamo come se abitassimo una terra in cui la forma di stato non è ancora stata inventata. La sanità, in questa regione, e non è una novità, è sempre stata gestita, usata, sfruttata e saccheggiata senza tenere minimamente conto dei bisogni della gente.
È arrivato il momento di smetterla con le diatribe e i giochi di potere, qui c’è in ballo il sacrosanto diritto alla salute e alla vita delle persone. Se la questione non sarà affrontata e risolta in tempi brevi, la nostra regione si trasformerà in un vero è proprio lazzaretto.
È incredibile che, in un tempo come il nostro, in cui la scienza, con l’ausilio della tecnologia, riesce a sconfiggere patologie complesse e terribili, in Calabria si corre il rischio di morire per un raffreddore o per una influenza di stagione.