VERSIONE INTEGRALE DELLA LETTERA APPARSA SU “AVVENIRE” IN DATA 16-01-17
Caro Direttore,
profitto della sua cortesia e della sua attenzione che ha voluto dedicare alla spiacevole vicenda intimidatoria indirizzata alla mia persona, per esternare alcune considerazioni ed emozioni vissute in questi non facili momenti.
Intanto, mi consenta di ringraziare dal profondo del cuore coloro che, in tutti i modi, si sono fatti a me prossimi, per formulare quel senso di solidarietà e di vicinanza che in questi casi ci fa sentire non solo meno soli, ma ci fa sperimentare quell’abbraccio fraterno, che sa di compagnia, sostegno, premura, custodia, compassione. Ne abbiamo sempre bisogno! Sono davvero tanti, confratelli sacerdoti, in primis don Luigi Ciotti, con la sua parola rassicurante e nel contempo risoluta. Che invita a continuare l’impegno, a provocare le coscienze, ma anche alla conversione di chi si piega alle suggestioni del male. Tutti i referenti regionali di Libera, quelli provinciali e territoriali calabresi. Poi i Vescovi, calabresi e non, che hanno pregato e fatto pregare per me, paternamente sostenuto, fraternamente incoraggiato. Il Presidente del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria. Le Forze delle Ordine ed i Prefetti di Reggio Calabria e di Cosenza. La Comunità tutta del Seminario teologico regionale San Pio X di Catanzaro. I tantissimi religiosi e religiose. Il Presidente ed il vice presidente della Regione, i Parlamentari calabresi, Assessori e Consiglieri regionali, i Sindaci, primo fra tutti quello di Cetraro, luogo dove dimoro. Le numerose Associazioni di categoria, i Sindacati, L’Azione Cattolica e l’Agesci Calabria. I tanti giornalisti. Infine da ultimo, ma non per ultimo, le migliaia di semplici cittadini. Ho avvertito l’esigenza di scriverLe dopo la Celebrazione eucaristica di questa domenica 14 gennaio perché, al termine, sono stato avvicinato da un pescatore di questa terra che nel stringermi con vigore la mano, mi ha ringraziato con queste parole: “ora ho capito perché lo fai. Lo fai per noi e per i nostri figli, perché possano avere un futuro migliore”. Non le nascondo che queste parole mi hanno fatto piacere più di tutte, mi scuseranno gli altri. Sono gesti e parole profuse da chi, come tanti in Calabria, sa di poter contare solo sulle proprie forze. Di chi altra speranza non ha, se non quella che in inverno si plachi la furia del mare, per poter calare nuovamente la rete e sperare in una pesca fruttuosa, che si possa vendere senza imposizioni del boss di turno. Cetraro da circa quarant’anni fa i conti con Francesco Muto alias il “re del pesce”, per ora assicurato alle patrie galere assieme ai suoi sodali, nel mentre è in corso il processo “Frontiera”, condannato dalla gloriosa storia millenaria di questa Città, prima ancora che dai tribunali. Tali uomini e donne non sperano più in certa politica, sempre più lontana dai veri problemi delle persone, che in Calabria si chiamano ‘ndrangheta, disoccupazione, lavoro nero o sottopagato, mala sanità, mancanza di servizi socio-sanitari, di viabilità, di un serio progetto di sviluppo turistico ed agricolo. E molti altri che ben conosciamo. La maggior parte dei calabresi onesti, giovani e meno giovani, può contare solo nella propria capacità di non mollare mai. Nonostante prevaricazione, logica dell’appartenenza a scapito della competenza, sub-cultura del degrado e dell’assuefazione al degrado, racket ed usura, omertà, corruzione ed altri mali diventati quasi endemici non solo nella terra di Calabria, purtroppo. C’è poi un altro male che rischia anch’esso di disorientare: il mito dell’eroe di turno immaginato come “ardimentoso protagonista di mille imprese”. Tante volte in passato ed anche oggi mi capita di essere confuso o indicato come “prete antimafia” oppure “prete sociale” ed altre più o meno simili fuorvianti “etichette”. Mons. Nunzio Galantino, durante l’incontro con i familiari delle vittime innocenti delle mafie nel mese di marzo dello scorso anno a Locri, ha ben chiarito che “gli uomini e le donne di Chiesa che si impegnano in questo fronte lo fanno perché credono al Vangelo, lo fanno per far sentire la vicinanza ed il sostegno a quanti come voi sentono il peso insopportabile della sofferenza provocata dalla prepotenza e dall’arroganza di uomini che, voglio ricordarlo, proprio qui in Calabria Papa Francesco ha detto essere scomunicati”. Dunque, nessuna diversità che ci fa essere “preti speciali”. Sebbene Libera sia un’Associazione aconfessionale ed apartitica, noi sacerdoti che vi operiamo, benché eletti dalle assemblee regionali o provinciali, riceviamo un mandato da parte del Vescovo, quindi della Chiesa. Questo sono in molti a dimenticarlo, purtroppo! Quando ciò accade ecco il mito dell’eroe di turno sempre in agguato. Sono tantissimi i confratelli che operano nel silenzio del servizio pastorale in contesti spesso difficili ed isolati, che non hanno certo, né la cercano, l’attenzione delle cronache. Semplicemente una grande passione per questo splendido lembo terra e per gli uomini e le donne che la abitano. E’ il Vangelo ad accendere a tutti i credenti, ed in modo speciale a noi sacerdoti e consacrati tale passione per l’uomo. Consapevoli che Dio stesso in Cristo Gesù per primo ha percorso fino in fondo, fino alla Croce, la Via per raggiungere ogni uomo. Affinché in questa Verità, possiamo finalmente sperimentare il gusto e la bellezza di quella Libertà che ci fa essere compiutamente uomini, cittadini del mondo, autenticamente fratelli perché figli di un unico Padre. In forza di questa passione, continuiamo il nostro impegno, consapevoli che il bene vince sempre a volte perdendo, perché non è disposto a cedere alle logiche del male. Ma vince!
Infintamente grazie a tutti.
Don Ennio Stamile
Referente regionale di “Libera” in Calabria