di Maria Teresa Meli
Il governatore dell'Emilia Romagna: mi impegnerò perché la discussione sia schietta. Alcuni di quelli che chiedono discontinuità sono lì da anni. Nel gruppo dirigente servono molti più amministratori locali
Stefano Bonaccini, cosa farà ora? Si candiderà alla segreteria?
«Certamente farò il presidente della Regione Emilia-Romagna. È una fase molto delicata per famiglie e imprese e servono risposte rapide e concrete. Per questo auspico che il nuovo governo si formi presto. Poi naturalmente parteciperò al congresso del Pd, perché serve una discussione molto schietta, alla quale mi dedicherò con impegno e determinazione. Il Pd ha bisogno di un forte contributo da parte di tutti».
Farà il presidente e il segretario...
«Quando dico che è un errore partire dai nomi non è una frase di rito: o cambiamo profondamente o bruceremo in fretta anche il prossimo segretario. Serve una leadership ma serve anche un partito. Il problema non è di forma o di ruoli, ma di sostanza. Iniziamo per esempio col dire che nel gruppo dirigente servono molti più amministratori locali, donne e uomini, spesso giovani, che ogni giorno devono dare risposte ai cittadini sui problemi reali e che in questi anni hanno tenuto in piedi con il loro lavoro silenzioso il partito: non possiamo più tenerli in panchina».
In cosa ha sbagliato il Pd?
«Siamo arrivati alle elezioni senza un progetto forte per l’Italia e senza un’alleanza all’altezza della sfida, nonostante tutti gli sforzi fatti da Letta. Lo certifica il voto dei cittadini».
Ha parlato di rigenerazione del Pd, che vuol dire?
«Che bisogna ricostruire dalle fondamenta. Sì, va avviata una rigenerazione profonda. Quando facemmo il Pd con Veltroni, 15 anni fa, avevamo l’obiettivo di raccogliere un largo consenso per cambiare la società e renderla più giusta, più moderna e sostenibile, che facesse spazio ai giovani e non discriminasse le donne. E invece abbiamo quasi sempre perso pur governando. Non è una sconfitta contingente. Io non rinnego nulla ma adesso bisogna tirare una riga».
Che opposizione farete?
«Seria e rigorosa. Io pongo tre questioni di fondo su cui dovremo misurarli: il nostro ruolo in Europa, perché c’è una pandemia energetica da sconfiggere e un Pnrr da realizzare, e parliamo di lavoro da tutelare e nuova occupazione da creare, imprese che non possono chiudere e un Paese che può cambiare e innovare; il ruolo della sanità e della scuola pubbliche, due pilastri fondamentali della coesione sociale; i diritti delle persone, perché l’Italia non può diventare l’Ungheria».
Farete riforme condivise?
«Voglio credere che il nuovo governo partirà dalle bollette energetiche delle famiglie e delle imprese più che dalle riforme istituzionali. O dalla legge di Bilancio, su cui saremo in forte ritardo e senza grandi margini. Poi ovviamente si discuta di tutto, ma le regole si scrivono insieme. E aggiungo una cosa: attenti perché l’istituzione che meglio ha funzionato, anche in questi anni di crisi, è proprio la presidenza della Repubblica. Mi pare paradossale metterla in discussione ora».
Che rapporto con il M5S?
«Hanno dimezzando i voti del 2018. Stavolta però hanno raccolto nel voto il disagio sociale e una richiesta di protezione, più che istanze antisistema. E Conte è riuscito a consolidare la sua leadership. Io non li ho mai rincorsi, né ho mai messo Conte su un piedistallo. Però ho collaborato bene con lui, quando ero presidente della Conferenza delle regioni e lui era premier. Così come mi confronto con il M5S in Regione: sono all’opposizione ma la collaborazione è molto positiva e in diverse città importanti adesso governiamo insieme, dopo le recenti amministrative».
E con Calenda e Renzi?
«Io sto ai fatti: sono andati per conto loro e hanno perso esattamente come noi. Tant’è che governerà la destra. In compenso siamo insieme in tante città. Anche nella mia Regione sono lealmente in maggioranza e per me è un valore. Adesso che il voto c’è stato fermiamo le polemiche. C’è un’opposizione efficace da fare e ci sono altre competizioni che ci aspettano nei prossimi mesi, a partire dalle regionali: non do nulla per scontato e non ci sono schemi da calare dall’alto nel territorio, ma potersi confrontare liberamente credo serva a tutti».
E ora il congresso...
«Concordo con Letta, il tempo di discutere è adesso. E bisogna farlo con chiarezza e in tempi ragionevoli, per evitare mesi in cui nessuno decide e altri parlano per noi. Anche questo sarebbe un segnale di sintonia con la società e il tempo che stiamo vivendo. C’è un’opposizione da fare e tra pochi mesi andranno al voto importanti regioni e molti comuni: serve una vera ripartenza o abbiamo già perso in partenza».
Lo sa che al Pd temono una sua rivoluzione?
«Serve un cambiamento a prescindere da Bonaccini, che peraltro conta per uno. Vedo però che a chiedere una discontinuità radicale sono anche alcuni che in questi anni hanno ricoperto con una certa continuità ruoli di governo e di gestione del partito nazionale, quindi niente paura. Servono anzi energia e coraggio».
Potrebbe esserci un derby Schlein-Bonaccini?
«Non torniamo sui nomi per favore. Discutiamo invece di contenuti: Elly è la vicepresidente in Emilia-Romagna e insieme a tutte le parti sociali abbiamo sottoscritto il Patto per il lavoro e per il clima, un unicum in Italia».