di Francesco Sapia parlamentare del M5S
EMERGENZA SANITARIA continua e persistente in Calabria, d'altronde lo siamo dal 2005 con L’omicidio dell’incolpevole Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, fu il segnale all’esterno dell’inquinamento mafioso della sanità calabrese.
Soltanto allora emerse fuori regione, oltre l’Italia, l’ombra della ‘ndrangheta nella gestione dei servizi sanitari locali. Nel 2007 morirono in Calabria tre minori: Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio, vittime di malasanità. Queste tragedie spinsero il governo Prodi ad uscire allo scoperto. A dicembre dello stesso anno fu ordinata l’emergenza sanitaria in Calabria. Nel contempo venne sottoscritto un accordo di programma per la realizzazione di quattro nuovi ospedali, non ancora costruiti: nella Sibaritide, a Catanzaro, a Vibo Valentia e nella piana di Gioia Tauro.DODICI ANNI DI NULLA. Nell’aprile 2008 la commissione ministeriale di inchiesta concluse la relazione sulle criticità del Servizio sanitario della Calabria. In questo documento figurano i più gravi problemi del sistema, ancora irrisolti: appetiti criminali; inadeguatezza dei manager aziendali e loro dipendenza dalla politica; squilibrio tra produzione e finanziamento del policlinico universitario di Catanzaro; predominio delle strutture private laddove il pubblico dovrebbe prevalere. Dal 2009 la Calabria si trova in piano di rientro dal disavanzo sanitario. All’epoca il debito fu stimato in 2,2 miliardi di euro, coperti con 2 miliardi di fondi pubblici: 1,1 di risorse del Fas e 900 milioni di mutuo trentennale con il Tesoro, che gravano sulle nuove generazioni di calabresi e su chi ancora deve nascere. Restava un disavanzo di 200 milioni annui, che fu in parte colmato con il blocco del turnover del personale e con la chiusura definitiva di ospedali minori, reparti e servizi territoriali. Nel 2010 la Calabria fu commissariata per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario. L’incarico di commissario del governo venne conferito all’allora presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, del centrodestra, poi interdetto perpetuamente dai pubblici uffici e infine condannato in via definitiva per l’inchiesta sul cosiddetto «caso Fallara», relativo alla tenuta del bilancio del Comune di Reggio Calabria.
Dal 2014 in poi, riguardo alla sanità calabrese il Movimento 5 Stelle ha denunciato a tutte le Procure calabresi abusi, sperperi, irregolarità sfacciate, disservizi paurosi, uso disinvolto delle risorse e clientelismo a macchia d’olio. Nel 2015 l’Autorità nazionale Anticorruzione e il Tar del Lazio annullarono, su nostra iniziativa, la nomina di Santo Gioffrè quale commissario dell’Asp di Reggio Calabria, che il presidente della Regione aveva decretato in violazione delle norme sull’inconferibilità dell’incarico a soggetti già candidati a sindaco nello stesso comprensorio. In quegli anni si registrarono paradossi perfino incredibili, come la vicenda dei 400 milioni usciti dall’Asp di Reggio Calabria senza più le tracce, il commissario alla Sanità tentò di rimediare nominando più soggetti attuatori, uno dei quali a mille euro al giorno, e infine dandosi da solo lo stesso incarico. Finì che l’Asp in questione venne sciolta per infiltrazioni e poi commissariata. Stessa sorte è di recente toccata all’Asp di Catanzaro. Il decreto Calabria si inserisce in questo contesto, in cui la fanno da padrone la ‘ndrangheta, la solita politica dei partiti, i colletti bianchi e la burocrazia ministeriale, che per esempio non ha validato 6 dei 9 decreti, siglati dal commissario di governo, di autorizzazione ad assumere personale sanitario, con tutte le conseguenze del caso. Per la propria sanità, la Calabria riceve dallo Stato 3 miliardi e mezzo all’anno. Si tratta di una somma insufficiente a garantire ai malati cronici il diritto alla salute. Con questa cifra, il disavanzo sanitario della Calabria non può che crescere, in considerazione del fatto che i costi fissi, per stipendi e amministrazione ordinaria, sono ineliminabili, e che, levati quelli della corruzione e dell’affarismo, comunque non si riesce a pagare l’essenziale né a investire in tecnologia, specialistica, ampliamento degli organici e innovazione nello stesso settore. D’altro canto 3 miliardi e mezzo sono 2/3 dell’intero bilancio regionale. Su questa torta comitati di potere e di interessi puntano gli occhi: nell’ambito delle forniture, della manutenzione, degli acquisti e dunque del controllo dirigenziale. È una massa di denaro che serve anche a fabbricare consenso elettorale, mediante l’assegnazione di posti in precariato o di primariati ad hoc, sia per i ricoveri che per le visite. Per la politica calabrese piazzare i propri uomini ai vertici delle aziende del Servizio sanitario regionale ha sempre garantito libertà di manovra. Anche la ‘ndrangheta incide in questi processi. Io stesso ho denunciato conferimenti di incarichi dirigenziali a soggetti indagati con l’ipotesi d’aver ricevuto il sostegno elettorale delle cosche. Per tutti questi motivi era necessario togliere al presidente della Regione le leve di comando; dato, peraltro, che pur essendo stato destinatario di centinaia di nostre richieste di intervento e controllo, non ha mai voluto vigilare sulla gestione delle Aziende sanitarie e ospedaliere, né riportare a norma l’importo del finanziamento regionale al policlinico universitario, attualmente superiore di decine di milioni rispetto a quanto consentito dalla legge. Così con il decreto Calabria sono stati azzerati i direttori generali delle Aziende del servizio sanitario regionale, che tra l’altro avevano prodotto pesanti disavanzi di bilancio e dovevano decadere per come previsto da una legge regionale L’augurio è che in proposito si faccia presto e bene, ma vanno modificate le norme quadro sul commissariamento governativo, definendo una volta per tutte compiti e poteri del commissario ad acta e rivedendo i criteri di ripartizione del Fondo sanitario, che attualmente penalizzano le regioni meridionali a vantaggio di quelle settentrionali, come conferma il dato annuo sul costo dell’emigrazione sanitaria dalla Calabria, che è di 320 milioni.